Ogni anno in Europa si generano oltre 9 milioni di tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) come frigoriferi, condizionatori, lavatrici, aspirapolvere, forni a microonde, telefoni cellulari, computer, tablet. Di questi, però, soltanto un terzo viene raccolto e trattato in maniera corretta, con notevoli differenze da nazione a nazione sia in termini di risultati sia di sistema organizzativo. Il resto, vale a dire circa 6 milioni di tonnellate, viene smaltito senza rispettare le leggi in modo non sicuro dal punto di vista ambientale, alimentando così i traffici illeciti e ingrossando le discariche abusive sparse su tutto il pianeta, con ripercussioni negative anche sull’economia mondiale.
Proprio la gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici con i suoi punti di forza e di criticità è stata al centro del convegno internazionale “Raee: sei nazioni a confronto” organizzato recentemente a Roma da Ecodom, il più grande consorzio italiano per il recupero e il riciclaggio degli elettrodomestici. L’incontro ha messo sulla stessa bilancia le esperienze, i dati operativi, le metodologie e le regole di raccolta dei sistemi collettivi di Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Italia, con l’obiettivo di analizzare lo stato dell’arte a livello europeo e trarne qualche spunto utile per una gestione più efficiente dei Raee.
Tra le sei nazioni protagoniste dell’incontro è la Francia che, nel triennio 2015-2017, ha immesso sul proprio mercato il maggior numero di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), con un quantitativo medio di circa 1,5 milioni di tonnellate all’anno. Al secondo posto si piazza il Regno Unito con poco meno di 1,4 milioni di tonnellate, segue l’Italia con 850.000 tonnellate, quindi Spagna (550.000), Olanda (334.000), chiude il Portogallo con 142.000 tonnellate. La Francia si conferma in prima posizione anche nel ritiro dei Raee domestici, con un quantitativo che, lo scorso anno, ha sfiorato le 730.000 tonnellate. Come in precedenza, stessi piazzamenti per gli altri Paesi: Regno Unito secondo con circa 495.000 tonnellate, Italia terza con 310.000 tonnellate, poi Spagna (268.000), Olanda (167.000) e Portogallo (68.000) che, tuttavia, nei suoi volumi include sia i rifiuti domestici sia quelli professionali.
Le cifre precedenti ci restituiscono un sistema italiano tutto sommato efficiente, con numeri assoluti piuttosto positivi e superiori a quelli di diverse nazioni. Se focalizziamo, però, il dato relativo alla raccolta pro capite, la situazione si fa molto complicata per il nostro Paese che slitta in ultima posizione con appena 5,1 chilogrammi di Raee recuperati per abitante, meno della metà della Francia la quale, con 10,8 chilogrammi, si conferma ancora una volta in cima alla classifica. Sul podio l’Olanda con 9,7 chilogrammi e il Regno Unito con 7,4 chilogrammi, seguono Portogallo (6,6) e Spagna (5,8).
Prendendo in considerazione il cosiddetto “tasso di ritorno” delle sei nazioni partecipanti all’incontro, vale a dire il rapporto tra Raee gestiti nel 2018 e media delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nei tre anni precedenti, quattro di esse sono riuscite a superare il target minimo di raccolta del 45% fissato dall’Unione europea per lo scorso anno: l’Olanda ha raggiunto il 50%, la Francia e la Spagna il 49%, il Portogallo il 48%. L’Italia e il Regno Unito, invece, sono rimaste nettamente al di sotto della soglia minima, fermandosi rispettivamente al 37% e al 35%.
Anche se ovviamente ancora non conosciamo i dati definitivi relativi ai Raee che saranno raccolti nel corso del 2019, appare comunque improbabile non soltanto per l’Italia, ma per tutti e sei i Paesi riuscire a raggiungere l’obiettivo del 65% che l’Ue ha stabilito dall’inizio di quest’anno: «Dal 2019 il tasso minimo di raccolta da conseguire ogni anno – come recita l’articolo 7 della direttiva europea 2012/19 – è pari al 65% del peso medio delle Aee immesse sul mercato nello Stato membro interessato nei tre anni precedenti o, in alternativa, all’85% del peso dei Raee prodotti nel territorio di tale Stato membro».
Alcuni Paesi come la Francia hanno da tempo attivato politiche efficaci per migliorare in maniera sensibile e costante i livelli di raccolta dei Raee, la cui organizzazione è sotto l’egida del governo. Negli ultimi anni, ad esempio, sono state introdotte diverse normative che hanno reso obbligatoria la responsabilità dei produttori delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, i quali devono garantire un piano di smaltimento pluriennale e standard minimi. Sono stati previsti programmi di restituzione e ritiro dell’usato, è stato introdotto il cosiddetto “eco-contributo Raee” per i nuovi acquisti, oltre al divieto di utilizzare contanti nelle transazioni concernenti il trattamento di questa tipologia di rifiuti.
«Nel nostro Paese c’è stata una forte campagna di comunicazione – ha spiegato Christian Brabant, direttore generale di Esr – e dal 2007 sono stati investiti qualcosa come 70 milioni di euro in pubblicità rivolta ai cittadini: in questo modo i consumatori sono stati spronati a smaltire soprattutto i piccoli elettrodomestici nei centri di raccolta o nei negozi dove gli avevano acquistati e, in poco tempo, siamo riusciti a invertire la tendenza che vedeva la maggior parte di questi prodotti elettrici finire nella spazzatura».
È interessante notare, infatti, come in una società sempre più sommersa dalla tecnologia e dai dispositivi elettronici ci sia al contempo una scarsa informazione piuttosto diffusa sul fine vita di queste apparecchiature. Secondo i risultati di una recente indagine realizzata da Gfk, ad esempio, quasi tre italiani su quattro (72%) non conoscono affatto il significato del termine Raee. Il 76% degli intervistati, inoltre, sa che esiste una normativa che regolamenta lo smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici, ma di questi soltanto il 17% ne conosce sommariamente i contenuti.
[continua su «Largo Consumo»]