Al Palazzo delle Esposizioni di Roma una mostra dedicata alla rappresentazione del tempo: 400 pezzi tra reperti archeologici, opere d’arte contemporanee e una ricchissima serie di materiali video, filmati, opere multimediali e cabine interattive per la ricerca. Fino al 23 ottobre 2000.
Un viaggio nell’idea e nella rappresentazione del tempo. Questa la fascinosa intuizione di Daniel Soutif, curatore della splendida mostra dal titolo “Tempo! Calendari e cronometri, Picasso e Tati, passioni e vanità, Hitchcock e Galilei, clessidre e computer, astri e astronomia”, allestita al Palazzo delle Esposizioni fino al 23 ottobre 2000, organizzata e promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali. La rassegna giunge nella Capitale dopo aver inaugurato la riapertura del Centre Pompidou a Parigi, con circa 400 pezzi tra reperti archeologici, opere d’arte contemporanee e soprattutto una ricchissima serie di materiali video, filmati, opere multimediali e cabine interattive per la ricerca.
Il tempo non si vede, non si sente, non si tocca, non si gusta, ma rimane sospeso in un misterioso limbo di sensazioni e di percezioni. Possiamo conoscerne soltanto i segni. Alcuni sono fenomeni naturali, che abbiamo imparato a interpretare come tali, altri sono oggetti creati dall’uomo. Proprio questi segni rappresentano l’argomento narrativo della mostra che, attraverso le dodici sezioni in cui è divisa, accompagna il visitatore in un percorso ideato per esaminare i cambiamenti del nostro rapporto e delle nostre riflessioni sul tempo. La rassegna si apre con gli strumenti, i trattati e le raffigurazioni della volta stellare, punto di riferimento fondamentale per la misurazione del tempo astronomico e prosegue con due sezioni dedicate una al tema dell’identità (originali sono le scritte intermittenti di Bruce Nauman), l’altra ai tempi delle strutture linguistiche (di notevole fascino è Clock di Josef Kossuth, che pronuncia e proietta la parola “tempo” in 120 lingue). Il tema della quarta e della quinta sezione è la misurazione del tempo e mostra il passaggio dal mondo dell’approssimazione a quello della precisione, dalle antiche clessidre ai modernissimi orologi al cesio, esatti fino al miliardesimo di secondo. Le foto di Andreas Gursky, quelle di John Davies ci parlano del tempo-lavoro, il film di Jacques Tati e le istantanee di Massimo Vitali affrontano l’argomento del tempo libero, mentre la conclusione della mostra è riservata alla tecnologia e al futuro. La musica, connessa strettamente alla misurazione del tempo e alle sue leggi, è il legame affascinante tra tutte le opere esposte.