Quale futuro per le edicole?

di Fabio Massi

Il disegno di legge per il riordino del settore potrebbe invertire il trend negativo che affligge il comparto e che ha provocato la chiusura di migliaia di giornalai.

I problemi che affliggono le edicole italiane non sono certo nuovi, ma partono da lontano e, col passare del tempo, hanno acuito una crisi alla quale finora la politica e i diversi attori della filiera non sono stati in grado di contrapporre misure risolutive. Tuttavia, la recente approvazione da parte dei due rami del Parlamento del disegno di legge di riordino del settore dell’editoria e l’accordo siglato tra due sindacati dei giornalai e il principale operatore postale privato in Italia potrebbero giocare un ruolo chiave per invertire la rotta.

Facciamo un passo indietro. La recessione economica ha costretto le famiglie italiane a spendere meno per acquisti non esattamente di prima necessità come giornali e riviste, mentre negli ultimi 15 anni Internet ha reso fruibile pressoché a tutti e in forma sostanzialmente gratuita un’offerta smisurata di mezzi di informazione locale, nazionale e globale. Queste tendenze hanno poi messo in crisi il giornalismo tradizionale e hanno inciso negativamente sulla diffusione della carta stampata, causando la chiusura di decine di testate con pesanti ripercussioni anche a livello occupazionale.
L’industria dei quotidiani, ad esempio, secondo le elaborazioni dell’Associazione stampatori italiani giornali (Asig) su dati Ads, nel quadriennio 2012-2015 ha visto diminuire la produzione annua di oltre 532 milioni di copie (-25,8%), mentre le vendite tradizionali, tra edicole e abbonamenti, hanno perso più di 385 milioni di copie, pari a una contrazione del 27,6%. Il mercato pubblicitario sulla carta stampata, inoltre, negli ultimi sette anni si è praticamente dimezzato, passando dai 2,4 miliardi di euro del 2009 a poco più di 1,2 miliardi del 2015 (quotidiani -50,1% e periodici -45,9%, dati Nielsen).

Anche i lettori risultano in forte calo. Tra il 2010 e il 2015 – stando agli ultimi rilevamenti Audipress – su una popolazione di potenziali lettori over 14 anni di circa 53 milioni di persone, gli italiani che leggono in maniera costante un quotidiano sono passati da 24 a 18,7 milioni, in flessione del 22%.
Ovviamente questo scenario così negativo non poteva non ripercuotersi pesantemente sull’ultimo anello della catena distributiva della carta stampata. In soli dieci anni, infatti, dal 2004 al 2014 – secondo i dati diffusi dalla Federazione nazionale giornalai (Fenagi-Confesercenti) – hanno chiuso oltre 10.000 edicole. La rete è passata complessivamente da 40.000 punti vendita a meno di 30.000, facendo registrare una riduzione di circa il 25%. Si stima, inoltre, che le edicole per così dire “pure”, escludendo autogrill, tabaccherie e cartolerie che vendono anche giornali, si aggirino sulle 18.000 circa.

Sono serviti a poco i diversi tentativi compiuti nel corso degli anni per arginare la crisi della carta stampata e la chiusura di migliaia di giornalai. All’inizio dello scorso ottobre, però, la Camera dei deputati ha approvato definitivamente il cosiddetto “Ddl editoria” che contiene nuove disposizioni per tutta la filiera dell’informazione, edicole comprese. La legge, tra l’altro, prevede che a partire dal 1° gennaio 2017 i giornalai sono tenuti ad assicurare la parità di trattamento nella vendita soltanto alle pubblicazioni regolari, quelle cioè che recano stampati in posizione visibile la data e la periodicità effettiva, il codice a barre e la data di prima immissione nel mercato.

La riforma, inoltre, delega il Governo a realizzare – entro sei mesi dalla sua entrata in vigore – uno o più decreti legislativi con l’obiettivo di apportare innovazione al sistema distributivo. In particolare, si vuole favorire il processo di progressiva liberalizzazione della vendita dei prodotti editoriali, migliorando «la fornitura adeguata alle esigenze dell’utenza del territorio e con divieto di sospensioni arbitrarie delle consegne». Altre importanti misure che dovranno essere elaborate dall’esecutivo riguardano la promozione della piena liberalizzazione degli orari di apertura e della possibilità di ampliare l’assortimento di altri beni e servizi, con l’obiettivo di accrescere le fonti di ricavo degli edicolanti.

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