Sono davvero pochi gli architetti del XX secolo che possono essere accostati al raffinato talento di Kenzo Tange, capace di gettare un ponte tra la cultura moderna occidentale e quella giapponese così elegante e attenta ai dettagli. In tutti i suoi lavori c’è un tema ricorrente che il progettista nipponico, scomparso all’età di 91 anni lo scorso 22 marzo, definiva così: «L’architettura deve avere qualcosa che conquisti il cuore umano, ma allo stesso tempo le forme base, gli spazi e l’esteriorità devono essere logici. Il lavoro creativo è espresso nei nostri tempi come unione tra tecnologia e umanità».
Era nato nel 1913 a Osaka e, dopo la laurea, iniziò a lavorare nello studio dell’architetto Kunio Maekawa, uno dei più illustri discepoli di Le Corbusier. Nel 1946 fondò il Laboratorio Tange nel quale si sono formati tutti i maggiori architetti giapponesi, tra cui Arata Isozaki, Fumihiko Maki e Kisho Kurokawa. Tre anni dopo fu scelto per realizzare il Parco della Pace di Hiroshima, la città devastata dalla prima bomba atomica: evitando qualunque estetismo di facile effetto, riuscì a raggiungere una perfetta unione tra l’abilità di filtrare la vera essenza dello spirito moderno e la profonda conoscenza della cultura tradizionale del Giappone. A cominciare dagli anni ’60 intuì che con l’avvento della società dell’informazione le metropoli moderne avevano nuove esigenze, perciò si impegnò nell’attività di urbanista piuttosto che di architetto, studiando strutture urbane basate sul pendolarismo delle persone. Il Piano di Tokyo del 1960 evidenzia il passaggio di Tange dal funzionalismo lecorbusieriano verso un più complesso strutturalismo: il suo interesse si rivolge a uno spazio che mette in relazione la gente con i suoi aspetti spirituali, attraverso l’utilizzo sia di elementi umani sia tecnologici. Un assetto urbano, quello della metropoli giapponese, aperto al cambiamento e allo sviluppo in tutta la baia, utilizzando ponti, isole artificiali, parcheggi galleggianti e megastrutture.
Tra i lavori che più di altri hanno lasciato il segno nella storia dell’architettura moderna e che hanno garantito a Tange la più alta reputazione a livello internazionale ci sono i diversi impianti sportivi del complesso olimpico per i Giochi di Tokyo del 1964, tra i quali spicca la piscina coperta. Queste strutture, considerate da molti esperti tra le più belle mai realizzate, sono il mirabile prodotto della tecnologia strutturale del XX secolo, una concezione dello spazio originale e audace, come quella impiegata per la costruzione della cattedrale cattolica di Santa Maria sempre nella capitale nipponica. Negli anni ’80 e ’90 ha realizzato lavori in tutto il mondo, molti dei quali in Italia. Nell’arco della sua lunghissima carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Pritzker (1987) e le medaglie d’oro dell’AIA (1966), del RIBA (1965) e dell’Accademia di Francia (1973).