Il bere responsabile nasce solo in famiglia

di Fabio Massi

Secondo una recente indagine realizzata dall’Osservatorio permanente sui giovani e alcol e dalla Società italiana di medicina dell’adolescenza nove adolescenti su dieci (90,4%) tra i 12-14 anni hanno già avuto un approccio con le bevande alcoliche. Di questi, il 29,5% dichiara di averlo avuto tra i 6 e i 10 anni e l’8,2% addirittura prima dei 6 anni, con una netta differenza territoriale (nel Nordest c’è una maggiore precocità).

Il consumo di alcol tra i giovani e i giovanissimi è un tema molto delicato, soprattutto in un momento come quello attuale in cui la condizione adolescenziale appare piuttosto critica e fragile, anche a causa della esiguità di regole e modelli da seguire sia in famiglia sia all’esterno. Proprio all’approfondimento dei vari aspetti legati al rapporto degli adolescenti con le bevande alcoliche è stata dedicata una giornata di studio dal titolo “Giovani, alcol e comportamenti a rischio. Come promuovere una cultura della salute”, organizzata a Roma lo scorso dicembre dal Dipartimento di comunicazione e ricerca sociale dell’Università “La Sapienza” e dall’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol.

Uno dei temi più critici emersi durante l’incontro è quello della cosiddetta “alcolizzazione precoce”, in aumento in molto Paesi tra cui anche l’Italia. Secondo i dati dell’indagine “Adolescenti e alcol” realizzata dall’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol in collaborazione con la Società italiana di medicina dell’adolescenza (Sima) su un campione rappresentativo a livello nazionale della popolazione studentesca iscritta alla terza classe delle scuole di I grado (12-14 anni), risulta che l’8,2% ha avuto la sua prima bevuta alcolica prima di compiere 6 anni. La precocità con la quale molti giovani si avvicinano all’alcol è confermata dal fatto che il 29,5% ha avuto il suo debutto alcolico tra i 6 e i 10 anni, mentre il 41,6% dopo i 10 anni. In pratica, oltre il 90% dei giovani frequentanti la terza media ha già provato alcol e soltanto il 9,4% non lo ha mai fatto. In termini di ripartizione tra sessi, le ragazze si mostrano meno precoci dei loro coetanei, ma all’età della terza media le percentuali di chi ha fatto la prima esperienza alcolica si equivalgono tra i due generi. Altro aspetto da sottolineare che emerge dalla ricerca è la presenza di adulti durante la prima bevuta alcolica degli adolescenti (73%), mentre risulta meno frequente l’esperienza vissuta in compagnia di amici (coetanei o più grandi) che riguarda il 18,3% degli intervistati.

Il fatto che la gran parte degli adolescenti si sia avvicinata all’alcol nell’ambiente familiare – il 59% con i genitori, il 14% con altri parenti – implica che questa esperienza non ha nulla a che vedere con la componente della trasgressione o dello sballo. Questa interpretazione viene confermata anche dalle risposte sul luogo in cui si è svolta la prima bevuta: per quasi la metà del campione, infatti, è avvenuta a casa durante i pasti (37,9%) – quindi in una situazione di estrema normalità – o al ristorante o in pizzeria (10,5%). Una quota considerevole di giovani, invece, associa l’esperienza a un evento particolare come una festa, una ricorrenza o una vacanza (33,5%). Ancora più nel dettaglio, tra gli adolescenti che hanno bevuto alcol per la prima volta in presenza di adulti, per il 63,2% è stato durante un pasto a casa o al ristorante e per il 22,8% in un’occasione speciale, quindi la gran parte di questi si avvicina alle bevande alcoliche come accompagnamento ai piatti del pranzo o della cena, perciò in un clima di convivialità. Tra coloro, invece, che hanno fatto la loro esperienza non con adulti ma insieme ad amici, i luoghi risultano più vari: il 31,7% lontano dai pasti ma in casa (propria o amici), il 30,1% a una festa, il 10% in vacanza, l’8,2% in gita scolastica, il 7,4% in un’occasione speciale e solamente il 7,1% durante un pasto a casa o al ristorante.

Per quanto riguarda le sensazioni percepite dagli adolescenti durante la loro prima bevuta alcolica, il 46,5% ha affermato di non aver provato nulla di particolare, un risultato del tutto in linea con la normalità dei pasti e della presenza dei familiari, mentre un intervistato su quattro (25,4%) ha espresso un giudizio piacevole e, al contrario, un altro quarto ha ritenuto l’esperienza sgradevole (23,6%). «Che in Italia il primo contatto con le bevande alcoliche resti per la grande maggioranza dei ragazzi mediato da occasioni familiari e dalla compresenza delle figure genitoriali – spiega Enrico Tempesta, presidente del laboratorio scientifico dell’Osservatorio giovani e alcol – è un tratto noto e caratterizzante della nostra cultura; un gesto in ultima analisi radicato in un costume sociale di bere controllato e, nella maggior parte dei casi, responsabile. Oggi, però, in un contesto socioculturale profondamente cambiato, in cui sono venute meno molte delle strategie tradizionali di contenimento e molti fattori di moderazione, l’inizio precoce presenta nuove valenze e nuovi rischi». Passando ad analizzare la tipologia delle bevande alcoliche e la frequenza di assunzione emerge un dato forse inaspettato: primeggiano i cosiddetti soft drink a basso contenuto alcolico (53,5%) e non la birra (che segue con il 49,5% delle preferenze), un tempo la più diffusa tra il consumo adolescenziale. Più distanziati risultano il vino (39,1%), aperitivi e digestivi (34,9%), mentre i superalcolici, pur comparendo all’ultimo posto, raccolgono più di una preferenza su cinque (21,1%). Alla luce delle risposte date dagli intervistati, gli autori della ricerca hanno delineato tre principali tipologie dei giovani bevitori: la maggioranza è costituita da bevitori occasionali (53,6%), il 23,3% da chi non beve mai e il 23,1% da adolescenti che bevono spesso almeno una bevanda alcolica.

È interessante notare come tra chi ha provato il suo primo bicchierino in presenza dei genitori soltanto il 18,4% sia diventato bevitore abituale, mentre tra coloro che lo hanno fatto con gli amici ben il 52,9% consuma alcol in maniera regolare. Una buona percentuale dei non bevitori o dei bevitori occasionali ha fatto la sua prima esperienza durante un pasto in casa o al ristorante, mentre una buona quota dei bevitori abituali lo ha fatto a una festa o a casa di amici. Un dato piuttosto allarmante è quello che vede il 22,1% degli adolescenti di 12-14 anni ammettere di essersi ubriacato almeno una volta, un’esperienza molto diffusa all’interno del gruppo di amici dell’intervistato. Se, infatti, il 44,1% del campione dichiara che nessuno dei componenti della cerchia dei propri compagni ha mai sperimentato questo evento, oltre la metà degli intervistati (54,8%) confessa che l’ubriacatura ha interessato i propri amici: il 46,1% ha riguardato qualcuno e l’8,7% tutti. Si evince, perciò, una marcata correlazione tra chi alza il gomito e il proprio gruppo di amici, a conferma dell’elevato grado di influenzabilità dei giovanissimi soprattutto quando si tratta di emulare le abitudini dei coetanei. Tra le situazioni che concorrono a favorire il comportamento di abuso tra gli adolescenti c’è anche la facilità di accesso alle bevande alcoliche. La birra, ad esempio, è reperibile senza problemi per il 59,2% del campione, il vino per circa la metà (49,8%), mentre i superalcolici risultano un po’ meno accessibili, ma non troppo (32,4%).

Sempre riguardo al fenomeno dell’abuso di alcol, un quinto delle famiglie affronta spesso l’argomento (19,4%), ma la stragrande maggioranza lo fa occasionalmente (53,7%) o non ha mai toccato il problema coi propri figli (26,2%). «La presenza di lacune significative nel processo educativo da parte dei genitori in questo come in altri comportamenti a rischio – afferma Silvano Bertelloni, presidente di Sima – evidenzia il pericolo di una fuoriuscita traumatica dei giovani italiani dal cerchio protettivo delle abitudini al bere moderato familiare, con la conseguenza di rendere inconsistente il portato protettivo insito nella socializzazione, ma anche nella responsabilizzazione del giovane nel bere intrafamiliare. A questo proposito, sembra eclatante il rilievo che la sostanza alcolica più consumata dai ragazzi siano risultati gli “alcolpop”, cioè prodotti estranei alla cultura mediterranea e di cui probabilmente né i ragazzi ma soprattutto i genitori percepiscono la reale pericolosità». Un elemento abbastanza incoraggiante, tuttavia, è che i giovani all’estero sono più precoci per quanto riguarda le prime esperienze legate all’alcol. Almeno stando ai risultati di una recente ricerca realizzata dall’Istituto Ispo per conto di Federvini, che ha indagato le abitudini rispetto al bere dei ragazzi italiani comparandole con quelle dei giovani di altri Paesi europei. Nel Regno Unito, ad esempio, più della metà degli intervistati (51%) ha bevuto il suo primo drink alcolico prima dei 15 anni e il 32% tra i 15 e i 16.

In Germania e nel Regno Unito, inoltre, non soltanto il consumo eccessivo di alcol è più diffuso rispetto al nostro Paese, ma si mantiene pressoché costante a tutte le età: tra gli inglesi si parte con il 33% dei 14enni, per proseguire con il 40% dei 20enni e il 25% dei 40enni, mentre in Germania abbiamo il 50% dei 14enni, il 45% dei 20enni e il 22% dei 40enni. Tornando all’indagine dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol, gli aspetti motivazionali svolgono una funzione importante nella decisione degli adolescenti di avvicinarsi alle bevande alcoliche: la ragione più diffusa è per divertimento (49,5%), la seconda è per adeguarsi al gruppo di amici (45,1%). Più staccate risultano altre due motivazioni di natura squisitamente psicologica, tipiche dei giovanissimi: per darsi delle arie (38,5%) e per dimenticare i problemi (38,4%). Segue la voglia di sballare, una ragione più complessa delle precedenti perché è all’origine dei fenomeni del cosiddetto “binge drinking” (bevute compulsive fino a ubriacarsi) e perché contiene in sé diversi motivi come il divertimento, l’adeguamento al gruppo, la ribellione, la fuga dalle difficoltà, la voglia di dimostrare di essere grandi. Sesta motivazione più citata per bere alcolici è la trasgressione con il 26,4%, mentre appaiono meno condivise ragioni come evadere (11,2%), sentirsi bene (8%), sentirsi più sicuri (7,8%), vincere la noia (6,9%) e aprirsi agli altri (5,6%).

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