Mentre calano i consumi di pane artigianale, crescono quelli di pane industriale, che probabilmente meglio si adatta alle esigenze del consumatore di oggi.
Una volta, a chi non aveva tempo di acquistare quotidianamente il pane fresco del forno ed era alla ricerca di un’alternativa da poter conservare per più giorni non restava che recarsi nell’alimentari o nel supermercato del quartiere e accontentarsi del classico pan carré o al massimo dei cracker. Oggi quello del pane industriale e dei sostitutivi del pane è un settore di grande rilievo per l’agroalimentare italiano e conta una varietà smisurata di prodotti che differiscono per dimensione, forma, ricetta, colore e destinazione d’uso: pan bauletto, pane per tramezzini, per toast, per sandwich, per hot-dog o hamburger, pane bianco, pane integrale e ai cereali, pane azzimo, panini al latte, gallette, crostini, piadine, focacce, bruschette e decine di pani tipici regionali.
Il variegato universo della panificazione industriale, nonostante il calo generale dei consumi, sembra aver retto l’onda d’urto della crisi con un andamento positivo anche se molto diversificato tra i vari segmenti. Si tratta di un settore che – secondo i dati Symphony Iri Group e Databank – muove un giro d’affari superiore al miliardo di euro e che conta circa 250 aziende con oltre 5.000 addetti. In termini di concorrenza nel mercato, le prime tre aziende produttrici occupano complessivamente una quota del 37,4%, mentre le private label pesano per il 13,5%. I prodotti che mostrano le dinamiche più interessanti sono soprattutto quelli innovativi, in grado di offrire il giusto compromesso tra gusto, genuinità e salutismo, senza dimenticare la praticità con packaging adatti ai nuovi stili di vita: in crescita, perciò, i grissini arricchiti e di altre farine, le gallette, le piadine, il pane da tramezzino salutistico, il pane azzimo e il segmento del senza glutine.
«Negli ultimi anni nel settore del pane industriale e dei sostitutivi – afferma Claudio Bottoli, direttore commerciale di Bottoli industria panificazione – abbiamo assistito allo sviluppo di due condizioni che ne hanno permesso la crescita. La prima è data da un ampliamento della gamma di questi prodotti, un maggior numero di “nuove” referenze differenziate per forma, impasto, grammatura e confezionamento. La seconda è lo sviluppo dei prodotti da sempre presenti nella distribuzione, sviluppo inteso come adattamento di questi ai nuovi stili di vita del consumatore o alle diverse opportunità di tempi e luoghi di consumo. Fondamentale per contrastare il persistente calo dei consumi, inoltre, è allargare il mercato, non soltanto geograficamente, ma anche nelle occasioni di consumo differenti dal passato, il tutto supportato dall’abitudine comunque di consumare cibo con il supporto di un panificato meno impegnativo rispetto a qualche anno fa».
In effetti, sembra che il settore del pane industriale e dei sostitutivi sia riuscito, meglio di altri comparti, a intercettare le necessità dei nuovi stili di vita dei consumatori, facendo registrare anche una pregevole crescita in termini di qualità dei prodotti, raggiungendo spesso i livelli della panetteria artigianale. «Interpan punta sulla diversificazione dell’offerta – dichiara Michele Novelli, direttore commerciale e marketing del Gruppo Novelli – su una distribuzione logistica dei prodotti precisa e capillare, ma soprattutto sulla qualità. L’azienda opera nel settore fin dal 1900 e ancora oggi mette nelle sue produzioni la stessa passione e cura di un tempo. I nostri pani sono frutto di una continua ricerca del recupero e della valorizzazione dei migliori metodi tradizionali di panificazione come la lievitazione naturale che dura oltre 40 ore, la macinazione a pietra della farina, la cottura nel forno a legna e la spianatura a mano delle pizze. Oggi, qualità, tradizione e attenzione al consumatore sono gli obiettivi e gli strumenti del lavoro quotidiano di Interpan. Ai pani tradizionali, inoltre, si affiancano pani ad alto contenuto di servizio con caratteristiche funzionali, di praticità e di lunga shelf life, sempre con un’attenzione particolare alla sicurezza alimentare, che si riflette nella selezione delle materie prime e dei fornitori, nel monitoraggio costante dei processi produttivi e nelle caratteristiche organolettiche dei prodotti».
In commercio si vedono sempre più prodotti con un’alta componente di servizio, poiché già affettati, confezionati, in nuovi formati (monoporzioni e biporzioni), coerentemente con le evoluzioni socio-demografiche che caratterizzano il nostro Paese, in cui cresce il numero di single e di famiglie sempre meno numerose. Si tratta di prodotti ideali sia per chi non ha tempo di fare la spesa tutti i giorni sia per chi cerca per la propria alimentazione la sicurezza della qualità e della praticità, anche per i pasti fuori casa, che siano spuntini, pranzi o cene. «A nostro parere – spiega Veronica De Cicco, responsabile marketing di Morato pane – lo sviluppo del comparto del pane industriale è dovuto alla sempre maggiore attenzione da parte delle aziende di scegliere ingredienti di qualità e formati di prodotto funzionali agli attuali stili di vita dei consumatori. Inoltre, la continua innovazione e ricerca di nuovi prodotti rende questo mercato molto dinamico. Tale caratteristica è molto apprezzata dai consumatori che ad oggi presentano le esigenze più disparate. Morato punta fortemente sulla qualità degli ingredienti e sull’attenzione rivolta alla scelta della filiera produttiva. Questi fattori assicurano al consumatore un prodotto di elevato standard qualitativo, sano e genuino».
Una delle esigenze più sentite oggi dai consumatori è quella del risparmio, anche negli acquisti alimentari di prima necessità come il pane. Secondo un’indagine della Confederazione italiana agricoltori (Cia), infatti, le tavole delle famiglie italiane sono sempre più “povere”, a causa della crisi, del calo del potere d’acquisto e del minor reddito disponibile, che hanno costretto i consumatori a ridurre il carrello: nel 2010 quattro famiglie su dieci hanno “tagliato” la spesa per la tavola, mentre il 38% ha diminuito gli acquisti di pane. Dai dati provenienti dal “panel famiglie” dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), inoltre, lo scorso anno il segmento dei derivati dei cereali – in termini di quantità acquistate – ha mantenuto una sostanziale stabilità rispetto al 2009 (+0,6%), una tendenza però che si deve esclusivamente ai sostitutivi del pane (+4,3%) e ai prodotti per la prima colazione e dolciumi (+3,1%), cresciuti in concomitanza con la contrazione dei prezzi (rispettivamente -1,1% e -1,7% rispetto al 2009), mentre il pane – così come la pasta – ha fatto registrare un sensibile calo (-2,7%). I dati Ismea sottolineano come si stia modificando, col passare del tempo, la composizione del mercato domestico dei derivati dei cereali in Italia: continua ad allargarsi la forbice tra la somma della quota dei prodotti per la prima colazione (25,9%) con quella dei sostitutivi del pane (12,2%) rispetto alla percentuale del pane (30,4%).
È interessante notare come proprio il pane – soprattutto quello fresco artigianale – sia il più esposto agli sprechi, un fenomeno che ovviamente riguarda tutti i cibi: se si considera che ogni giorno nelle grandi città i punti vendita alimentari e le famiglie si disfino in media di 130-150 quintali di pane rimasto invenduto o non consumato, nel nostro Paese sarebbero oltre 24.000 le tonnellate di pane che ogni trenta giorni finiscono tra i rifiuti…
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