L’area del parmense e del langhiranese si qualifica per l’altissimo livello dell’offerta, per il dinamismo degli operatori e per la presenza di denominazioni di origine di pregio.
Il territorio compreso tra le pianure delle province meridionali della Lombardia e parte della regione emiliana accoglie oggi uno dei più importanti comparti industriali del nostro Paese, il cui maggiore vantaggio competitivo consiste nell’elevata qualità delle sue produzioni. È il distretto agroalimentare di Parma, che comprende la città ducale e i 29 comuni limitrofi, in cui si concentra un fitta rete di attività agricole e industriali tra loro collegate che, attraverso una consolidata combinazione tra metodologie produttive antiche di secoli e tecnologie scientifiche avanzate, danno vita a una serie di prodotti alimentari vegetali e animali d’eccellenza, conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, tanto da far guadagnare a quest’area la denominazione di “Food Valley”. Stiamo parlando di salumi di assoluta qualità come il prosciutto crudo di Parma, il culatello di Zibello, il salame di Felino, la spalla di San Secondo, la coppa di Parma, ma anche della produzione di latte e di prodotti derivati come il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, di conserve vegetali, vini, paste, prodotti da forno.
«In realtà non esiste formalmente un distretto agroalimentare di Parma – spiega Cesare Azzali, direttore dell’Unione parmense degli industriali (Upi) – e di conseguenza non esistono leggi che lo definiscano o norme che lo regolamentino. Ma esiste la storia di un’economia locale che partendo da un’agricoltura che forniva prodotti eccellenti ha ideato dei metodi per la loro conservazione. L’ingegno delle persone ha poi sviluppato delle tecniche e quindi delle macchine per produrre quantità maggiori di questi prodotti, preservandone la qualità. Altre persone poi hanno studiato le confezioni e gli imballaggi adatti per contenerli. Poiché poi si è scoperto che le conoscenze e le tecnologie affinate per la lavorazione dei prodotti tipici potevano essere impiegate anche per altri prodotti alimentari, si sono progettate, sempre a Parma, macchine e impianti per tutte le lavorazioni alimentari, dall’ortaggio alla frutta tropicale, dal suino al pesce, dal latte ai succhi di frutta. Di conseguenza si sono insediate sul territorio anche tante aziende alimentari di prodotti che nulla hanno a che fare con la nostra tradizione. Possiamo allora affermare che il “distretto” di Parma è un habitat ideale per l’impresa alimentare». Non essendoci quindi una struttura formalmente organizzata l’Unione parmense industriali sta operando per la costituzione del distretto a livello di comparto e a livello di area con iniziative specifiche sostanzialmente orientate in quattro direzioni: favorire l’export del settore organizzando missioni e incontri con realtà estere, promuovere la ricerca e l’innovazione direttamente tramite il proprio ente di formazione Cisita a sostegno del trasferimento della “conoscenza” nelle aziende del settore, promuovere e appoggiare iniziative volte a favorire i raggruppamenti di impresa per superare gli scogli della piccola dimensione, ricercare e sostenere soluzioni normative finalizzate alla tutela dei prodotti parmensi.
Proprio la valorizzazione dei prodotti tipici locali e la qualificazione dei produttori, insieme alla salvaguardia e alla promozione delle risorse naturali e culturali, sono alla base degli interventi promossi da Soprip – società a capitale misto pubblico/privato che raccoglie al suo interno le principali forze economiche e istituzionali delle province di Parma e Piacenza – con l’obiettivo di innescare nuove dinamiche di sviluppo del territorio. «La Provincia di Parma – spiega Maria Laura Lodola, responsabile di progetto del settore agroalimentare di Soprip – è il soggetto promotore dell’iniziativa “distretto di Parma”, unitamente alla Regione Emilia Romagna, idea che nasce dalla realizzazione del patto territoriale dell’Appennino parmense basato su accordi tra soggetti pubblici e privati per la definizione di programmi di sviluppo di determinate aree, anche attraverso la richiesta di incentivi economici al Ministero delle attività produttive. All’interno dei temi del patto territoriale ovviamente lo sviluppo del settore agroalimentare è uno tra i più rilevanti per la nostra zona, e in particolare il prosciutto di Parma è il segmento trainante essendo il prodotto di maggiore riconoscimento, perciò abbiamo finanziato e realizzato uno studio di fattibilità sul distretto del crudo di Parma, inteso come un modello di governance di un territorio per raggiungere determinate finalità dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Sono stati definiti poi gli obiettivi di eccellenza che si vogliono raggiungere all’interno dell’area della produzione del prosciutto di Parma e, come primo strumento per conseguire le finalità del distretto, è stato individuato un accordo di programma tra i vari Comuni del territorio e la Provincia, mentre le imprese, attraverso le loro associazioni, hanno dato pieno sostegno all’iniziativa e hanno fornito tutta una serie di indicazioni, dati e idee in fase di elaborazione dello studio».
L’eccellenza del prosciutto di Parma è strettamente legata all’ambiente in cui viene prodotto, cioè l’Appennino parmense, al quale occorre garantire elevati standard qualitativi, non soltanto dal punto di vista dell’impatto ambientale ma anche da quello paesistico, per cui «il progetto prevede il miglioramento dell’urbanizzazione del territorio – continua la responsabile di progetto di Soprip – attraverso interventi mirati a concentrare le attività di produzione in due aree produttive sovracomunali ecologicamente attrezzate (energia rinnovabile, risparmio energetico, riciclo dell’acqua) nelle quali le aziende del solo comparto agroalimentare verranno invitate a trasferirsi e a realizzare i propri nuovi stabilimenti». Un aspetto cruciale per lo sviluppo del distretto è l’individuazione di strumenti di finanziamento per gli interventi progettuali, in particolare per quanto riguarda la nuova imprenditoria, la creazione di servizi, la formazione, in sintonia con altre iniziative che si stanno già concretizzando sul territorio.
«Il settore agroalimentare del parmense, a differenza di altre situazioni d’Italia, non gode dell’accezione dello status giuridico di distretto – dichiara Nicola Pietralunga, responsabile commerciale di Banca Monte Parma – ma si tratta di un comparto agroalimentare puro e semplice, quindi non ha le dinamiche e il tipo di finanziamento specifiche dei distretti industriali. Perciò non possiamo parlare di finanza di distretto in senso stretto. È ovvio che Banca Monte, essendo una realtà creditizia di natura territoriale, ricopre un ruolo primario nel tessuto imprenditoriale locale e interviene con finanziamenti ad hoc direttamente concordati con l’Unione degli industriali o con i consorzi di filiera per sostenere le imprese di questo comparto, ma lo fa in quanto tali aziende sono comunque clienti della banca». Tra le produzioni più tipiche e maggiormente radicate nel territorio del distretto di Parma ci sono i salumi, veri fiori all’occhiello non solo dell’agroalimentare del territorio ducale ma dell’intero made in Italy, al cui vertice si distingue il prosciutto crudo di Parma che nel 1996 ha ottenuto dall’Unione europea il riconoscimento di denominazione d’origine protetta (dop).
L’area di produzione di questo prosciutto amato in tutto il mondo ha nel comune di Langhirano il suo centro e comprende altri sette comuni per un panorama aziendale che conta 326 prosciuttifici, quasi 5.500 allevamenti, 163 macelli, 189 aziende produttrici e 3.000 addetti alla trasformazione dei prodotti, oltre a una cinquantina di imprese che lavorano altri salumi tipici del territorio, tra cui il culatello di Zibello (anch’esso dop dal 1996). Uno strumento importante per tutelare e promuovere la qualità del prosciutto crudo dop – dalla scelta delle carni a tutte le fasi della lavorazione – è stata la costituzione del Consorzio del Prosciutto di Parma che nel corso del 2005 ha marchiato oltre 9,8 milioni di prosciutti. A questi bisognerebbe aggiungerne altri 6 milioni non marchiati (perché prodotti da allevamenti all’estero o che, comunque, non rientrano nel disciplinare del prodotto), per un totale dunque di 15 milioni di cosce stagionate in questa zona (oltre l’80% della regione), su una produzione italiana complessiva di 25 milioni di pezzi. Il giro d’affari alla produzione si aggira sugli 885 milioni di euro, che al consumo diventano 1.800 milioni di euro, di cui 1.300 milioni provenienti dalle vendite in Italia (poco più di 8 milioni di prosciutti) e 500 milioni dalle vendite all’estero (quasi 1,8 milioni di pezzi, pari a +8,2% rispetto al 2004), soprattutto in Francia, Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Giappone e Svizzera.
«La sottoscrizione del protocollo tra i comuni della zona tipica di produzione del crudo di Parma in concomitanza con il Festival del Prosciutto – spiega Stefano Fanti il direttore del Consorzio del Prosciutto di Parma – rappresenta un momento fondamentale per la crescita del nostro comparto. Il distretto ha come obiettivo primario un modello di sviluppo che punti a una crescita omogenea ed equilibrata. Soltanto attraverso la concertazione tra pubblico e privato è infatti possibile valorizzare al massimo il territorio e assicurare al comparto, attraverso regole rigide, una crescita regolamentata che non generi più situazioni di crisi sia dal punto di vista economico – come quella appena trascorsa che ha visto un eccesso di produzione per una mancanza di programmazione rispetto alle esigenze del mercato e il conseguente abbassamento dei prezzi – sia da quello dell’impatto ambientale. Il Consorzio assume quindi un ruolo determinante nel sostenere il distretto in quanto ha come mission quella di tutelare, valorizzare e promuovere il prodotto prosciutto di Parma in Italia e nel mondo». Proprio il mercato estero sembra offrire le maggiori potenzialità di crescita per il comparto del prosciutto, in considerazione del fatto che i consumi nei Paesi extra Unione europea stanno facendo registrare numeri davvero positivi, grazie soprattutto al segmento del preaffettato: nel 2005 8,6 milioni di confezioni (pari a 173.000 prosciutti) vendute sul mercato nazionale (+19,5% rispetto al 2004) e 23,1 milioni di confezioni (463.000 prosciutti) vendute all’estero (+15,7%).
Perciò il Consorzio ha deciso di investire nel 2006 un budget considerevole nella promozione del prodotto oltre i confini italiani. Importanti investimenti sono realizzati anche dalle singole aziende del territorio parmigiano, come nel caso di Montana Alimentari del Gruppo Cremonini che ha rinnovato e ampliato lo stabilimento produttivo di Busseto, dedicato ai salumi e in particolare alle produzioni dop e igp. «Grazie alla nuova struttura produttiva – afferma Mauro Fara, direttore marketing di Montana Alimentari – siamo pienamente coinvolti nelle tematiche legate al distretto agroalimentare di Parma. Questo ha permesso di poter sfruttare una serie di sinergie logistico-produttive che ha portato a numerosi vantaggi, sia in termini di efficienza sia di miglioramento qualitativo, che possiamo oggi riversare sui nostri mercati finali. Ci offre inoltre l’opportunità di ridurre le distanze logistiche da chi fornisce materie prime destinate alla produzione di salumi tipici parmensi e di costruire progetti di collaborazione reciproca, portando efficienza di comunicazione fra gli operatori di filiera e innalzando lo standard qualitativo sin dalla fase cruciale di approvvigionamento delle carni». Un altro importante comparto sviluppato nel distretto agroalimentare di Parma è quello del latte e dei prodotti generati dalla sua trasformazione, sia freschi (yogurt, panna, dessert a base di latte) sia stagionati, il più antico e celebre dei quali è il Parmigiano Reggiano, il “re dei formaggi”, un prodotto del tutto naturale che, grazie a tecniche di lavorazione tramandate per secoli e regolamentate da un rigido disciplinare, ha ottenuto nel 1996 dall’Unione europea la denominazione di origine protetta (dop).
«Il concetto di distretto come un territorio che si dedica a una produzione e che riceve identità da questa produzione – spiega Stefano Cavazzini, presidente della Sezione di Parma del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano – si adatta bene al nostro prodotto la cui zona d’origine comprende non solo la provincia di Parma ma anche quella di Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova alla destra del fiume Po; in questo territorio la provincia di Parma ha il maggior numero di caseifici e la maggior quantità di formaggio prodotto, per una quota del 36%. Nella zona d’origine avviene sia la produzione di latte sia la sua trasformazione in Parmigiano Reggiano; quindi si ha una forte compenetrazione tra il momento della produzione agricola e il momento della trasformazione, e non a caso il 70% dei nostri caseifici è costituito da cooperative. Ovviamente, tutto questo comporta una forte integrazione dei momenti economici, a monte e a valle della filiera produttiva. Il contributo del Consorzio alla promozione del distretto agroalimentare di Parma, soprattutto nell’era della globalizzazione, si traduce principalmente in azioni volte a tutelare il prodotto, il nome e il marchio del Parmigiano Reggiano contro le usurpazioni (l’abuso commerciale del termine “parmesan”) attraverso un monitoraggio costante sui mercati internazionali e le conseguenti azioni legali, tra l’altro molto onerose, a difesa di questo nome, ma anche a tutela dei produttori e dell’identità del nostro territorio di origine»…
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