Minerali alla carta

di Fabio Massi

L’ultima frontiera nella comunicazione delle acque in bottiglia sembra essere l’abbinamento dei diversi prodotti con specifiche esigenze fisiologiche, o con particolari alimenti. Un piccolo rilancio?

Un’acqua minerale per chi fa sport, una per chi vuole perdere peso, un’altra per chi ha difficoltà a digerire o per chi ha la pressione alta, un’altra ancora per combattere i calcoli renali. E ancora: un’acqua particolarmente indicata per l’alimentazione dei neonati, una per facilitare le funzioni fisiologiche degli anziani, un’altra per accompagnare un piatto a base di pesce e una per esaltare al massimo un secondo di carne. Esiste un’acqua per ogni occasione e per ogni palato. Almeno secondo le ultime tendenze della pubblicità.

Dopo aver cavalcato per anni il filone della sicurezza e della sanità del prodotto, infatti, la comunicazione commerciale del settore delle acque minerali sembra si stia orientando sempre di più verso l’esaltazione di tutti quegli aspetti – soprattutto edonistici – che mostrano l’acqua non soltanto come una mera necessità dissetante ma come elemento di gusto, di piacere, di qualità che contribuisce a favorire uno stile di vita basato sul benessere psico-fisico. Perciò le caratteristiche chimiche e le proprietà organolettiche delle diverse tipologie di minerali confezionate diventano uno degli strumenti più importanti sul quale le imprese del comparto basano le proprie strategie di marketing, in un mercato molto agguerrito che vede oltre 250 marchi e un giro d’affari stimabile intorno ai 2,1 miliardi di euro (anno 2004). È proprio vero, dunque, che ogni acqua minerale si differenzia dalle altre per gusto e sostanze disciolte in essa? «Tutte le acque sono diverse l’una dall’altra – afferma Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua, l’associazione imprenditoriale che rappresenta un centinaio di industrie italiane del settore – noi diciamo con un’immagine suggestiva che l’acqua è l’impronta digitale della terra e non esistono due acque uguali, sia per composizione chimica sia per componenti di tipo microbiologico, tutte peculiarità che la rendono unica».

In effetti ogni acqua minerale naturale – che per essere riconosciuta tale per legge deve avere origine da una falda sotterranea e avere caratteristiche igieniche particolari ed eventualmente proprietà favorevoli alla salute – attraverso lo scorrimento nelle profondità delle rocce diviene microbiologicamente pura e si carica dei minerali con cui viene a contatto (mineralizzazione) che ne caratterizzano la composizione chimica e perciò anche il sapore e gli effetti sulla salute umana. Inoltre, in base ai differenti valori del “residuo fisso”, cioè la quantità di sali minerali depositati da un litro di acqua fatto evaporare a 180°, le acque minerali vengono divise convenzionalmente in quattro grandi categorie: minimamente mineralizzate (meno di 50 mg/l), oligominerali (tra 50 e 500 mg/l), mineralizzate (tra 500 e 1.500 mg/l) e ricche di sali minerali (più di 1.500 mg/l). Mentre le prime per il loro basso contenuto di sali minerali sono acque molto leggere che favoriscono la diuresi e sono molto indicate per l’alimentazione dei neonati, le oligominerali contengono poco sodio e sono adatte ad essere consumate a tavola quotidianamente, le mineralizzate invece riescono a reintegrare i liquidi e i minerali persi con la sudorazione soprattutto in estate e durante le attività sportive, infine le acque ricche di sali sono terapeutiche e devono essere bevute specificatamente a scopo curativo e su consiglio medico.

Ed ecco, allora, che i numerosi marchi attraverso la comunicazione pubblicitaria si sbizzarriscono nell’esaltare questa o quella proprietà organolettica, nel tentativo di convincere il consumatore che la loro acqua è migliore delle altre ed è la più indicata per soddisfare le sue necessità fisiche e sensoriali. «L’acqua Santa Croce – spiega Simona Graziosi, responsabile marketing dell’omonimo marchio – ha un equilibrato residuo fisso (170,4 mg/l), pochissimo sodio (1,23 mg/l) grazie al quale contribuisce a regolare l’equilibrio idrico dell’organismo aiutando a contrastare la ritenzione idrica, e un bassissimo contenuto di nitrati (1 mg/l) che rende la nostra acqua particolarmente pura, considerando che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda a bambini e donne in gravidanza acque minerali con meno di 10 mg/l di nitrati». Chi punta decisamente alla celebrazione del luogo di provenienza della propria acqua è Monticchio Gaudianello, il cui amministratore delegato Mario Bisceglia afferma: «Al consumatore interessano soprattutto due cose: vuol sapere da dove proviene l’acqua, cioè se viene da un sito con una buona performance ambientale, e se incontra il proprio gusto. Gaudianello riesce a soddisfare entrambe le esigenze grazie alla sua specificità intrinseca: provenendo dal monte Vulture – un antico vulcano spento – l’acqua nella falda incontra l’anidride carbonica creando questa piacevole effervescenza naturale (mentre altre usano addizionare la CO2), e allo stesso tempo contiene il giusto rapporto di sali minerali che la compongono, garantendo il reintegro fisiologico dei sali persi durante la sudorazione soprattutto a chi pratica attività sportive».

Anche per Guido Buzzegoli, direttore marketing di Fonti di Vinadio, il luogo di origine risulta importante nella pubblicità: «Direi che il residuo fisso, il sodio e la durezza, parametro quest’ultimo generalmente molto poco considerato, sono le caratteristiche che segnano nettamente i confini tra le acque leggere, molto leggere e tutte le altre. Il collante generale della nostra comunicazione è comunque la provenienza autentica da una sorgente di montagna – ben 1.503 metri – oltre al fatto che è indicata per i neonati». Secondo Carlo Pessina, amministratore delegato di Norda, oggi nel fare comunicazione bisognerebbe trasmettere maggiore chiarezza, in quanto «sono pochi i consumatori che conoscono la differenza fra un’acqua oligominerale e una minerale. Così come si spinge troppo la pubblicità su certe caratteristiche, che non sempre sono valori positivi. Da parte nostra abbiamo la possibilità di proporre tutte acque oligominerali di alta montagna, con caratteristiche eccellenti sotto tutti i punti di vista (purezza, leggerezza, equilibrio di sali, acidità), ideali quindi per l’alimentazione di tutta la famiglia, a ogni età. Da sempre siamo strenui sostenitori di una sana alimentazione quotidiana, piuttosto che parlare di diete, di snellezza e di altri aspetti salutistici che, francamente, dovrebbero essere affrontati con maggiore serietà da chi offre acqua in bottiglia».

L’universo delle acque minerali è davvero molto vasto, basti pensare che oltre al residuo fisso, esiste anche una classificazione che si basa sulle varie tipologie di sali minerali e sulla loro quantità disciolta: l’acqua che contiene oltre 600 mg/l di bicarbonato è utile nelle patologie renali, quella con più di 200 mg/l di solfati aiuta le insufficienze nella digestione, quella col tenore di cloruro superiore a 200 mg/l incide in maniera equilibrata sull’intestino e sul fegato, l’acqua che contiene più di 150 mg/l di calcio è indicata per la prevenzione dell’osteoporosi e dell’ipertensione, mentre quella con un basso contenuto di sodio (< 20 mg/l) si presta alle diete povere di sale. Ma siamo proprio sicuri che il consumatore sia al corrente di tutte queste specificazioni e che sia in grado di scegliere l’acqua più indicata per le sue esigenze, o magari si affida ciecamente alla pubblicità? «La prima discriminante – spiega l’amministratore delegato di Norda – sta proprio nel dividere l’offerta di mercato fra acque con caratteristiche indicate solo per alcuni soggetti e adatte contro certe patologie (che sono soprattutto quelle minerali) e altre ottime per la maggioranza delle persone. Esistono però anche altre caratteristiche su cui porre attenzione. Il contenuto di sodio, certamente, ma non è l’unico fattore. Molto importante e significativo è riconoscere la fonte: vi è inevitabilmente una bella differenza fra un’acqua che sgorga quasi a livello del mare e una che nasce a 2.000 metri! Il consumatore non dovrebbe limitarsi a una generica lettura dell’etichetta ma, visto che l’acqua è un prodotto che si assume tutti i giorni ed è determinante nel metabolismo del corpo, dovrebbe approfondire “il profilo dell’acqua”, se così possiamo dire, prima di scegliere».

C’è invece chi utilizza una comunicazione più aperta e aggressiva come spiega il direttore marketing di Fonti di Vinadio: «Siamo stati in assoluto i primi a credere nella forza della pubblicità comparativa, coraggiosa e trasparente nei confronti dei nostri consumatori finali, che punta tutto sulla dichiarazione oggettiva, verificabile e chiara dei nostri valori. Un successo che è testimoniato anche dal numero di convegni ai quali siamo stati invitati, fino a diventare relatori di numerose tesi di laurea che hanno avuto come oggetto proprio la nostra storia di comunicazione». Stesso percorso intrapreso da Sorgente Santa Croce: «Abbiamo sempre utilizzato una pubblicità comparativa – sostiene Simona Graziosi – proprio per mettere in evidenza quali sono i valori e le caratteristiche a cui il consumatore deve prestare attenzione prima di fare una scelta d’acquisto: il sodio, il residuo fisso e il nitrato. Da aprile è in corso una nuova pubblicità comparativa in cui sottolineiamo il fatto che l’acqua Santa Croce riunisce in sé le migliori caratteristiche delle altre acque singolarmente prese. Nello specifico compariamo sodio, residuo fisso e nitrato con alcune delle migliori acque presenti sul mercato».

Si tratta di una strategia di marketing non condivisa da tutti, come ci spiega Mario Bisceglia, amministratore delegato di Monticchio Gaudianello: «Ognuno cerca di raccontare la sua storia, io credo che sia giusto che le acque parlino dei loro elementi di vantaggio, che valorizzino i propri indici di purezza. Per ciò che riguarda i benefici, invece, credo che a volte la comunicazione sia alterata, cioè non rispecchia la realtà, come avviene spesso con le comparative che secondo me lasciano il tempo che trovano e non sono assolutamente la strada da seguire perché fanno sbandare il consumatore. Forse bisognerebbe tornare a veicolare un messaggio legato semplicemente al piacere di bere acqua». Anche il presidente di Mineracqua si dimostra non proprio convinto dell’efficacia di un linguaggio commerciale basato sul confronto delle proprietà organolettiche di vari marchi: «La comunicazione ha avuto e sta avendo importanti sviluppi, ma nutro qualche dubbio sulla pubblicità comparativa, perché comparare la propria acqua con altre attraverso il riferimento agli elementi caratteristici per dire “la mia è meglio” o “la mia è più buona” non ha alcun senso. Nel nostro Paese è in vigore una legge che regolamenta fortemente il nostro prodotto, dal tappo al fondo della bottiglia, ogni acqua in commercio è riconosciuta dal Ministero della Salute con analisi specifiche piuttosto laboriose. Il consumatore, perciò, non si deve fare suggestionare, ad esempio, dal fatto che se un’acqua ha 0,2 mg/l di nitrati in meno di un’altra sia più pura: la legge fissa un limite (45 mg/l) al di sotto del quale tutte le acque sono pure uguali, la purezza è purezza».

Pur tuttavia, sembra che l’etichetta abbia assunto un ruolo sempre più di primo piano nelle scelte pubblicitarie, tant’è che a parte gli obblighi di legge la maggior parte delle aziende tenta di arricchirla con spiegazioni di vario tipo. «Da parte nostra vi è sempre stata massima attenzione nel rendere semplice e immediata la lettura delle etichette – afferma Carlo Pessina di Norda – sia dal punto di vista grafico, sia da quello della scelta delle informazioni. Ad esempio riportiamo ben in vista il marchio che sottolinea come Norda sia indicata per l’alimentazione dei neonati e dei bambini, riconoscimento datoci dal Ministero della Salute. La presenza dell’immagine di un bambino sulla nostra etichetta ha quindi un concreto e preciso significato, ben al di là della pubblicità». Grande importanza all’efficacia di questo strumento viene riconosciuta anche da Guido Buzzegoli di Fonti di Vinadio: «Nel corso del tempo abbiamo provveduto frequentemente a piccoli aggiustamenti di tiro, per cercare di raccontare ancor meglio le nostre positività: bollini riassuntivi, flash e così via. Certo è che i limiti imposti dalla normativa, piuttosto restia a trasformare l’etichetta di prodotto in una sorta di media di comunicazione, frenano le nostre ambizioni. Da questo punto di vista è un peccato: quante volte abbiamo letto sui giornali di settore le critiche rivolte ai pack che non parlano ai consumatori?».

“Leggi bene l’etichetta” è il messaggio che Sorgente Santa Croce comunica al consumatore finale per invitarlo a un acquisto consapevole. «La “trasparenza” è un nostro punto di forza – spiega Simona Graziosi – perché siamo convinti che il consumatore vada rispettato e informato con chiarezza e correttezza. Proprio per questo motivo è previsto un restyling ulteriore della nostra etichetta al fine di renderla più chiara e leggibile». Mario Bisceglia di Monticchio Gaudianello, invece, torna sull’importanza dell’origine del prodotto: «Sull’etichetta indichiamo il luogo di provenienza (un po’ come si fa col vino), nel nostro caso la Basilicata e il Vulture, un territorio fortemente naturale lontano da attività industriali, spiegando il procedimento naturale che all’interno del vulcano caratterizza la nostra acqua, determinandone il gusto».

[continua su «Largo Consumo»]