Riviera ligure, dop di 740 mila ulivi

di Fabio Massi

Dal gusto delicato e fruttato, è uno degli oli più amati dai consumatori, penalizzato però da una scarsa valorizzazione a scaffale e dalla concorrenza di prodotti non certificati.

I terrazzamenti con gli ulivi secolari, sorretti da muretti a secco in pietra sui pendii scoscesi della costa ligure, sono il suggestivo scenario nel quale nascono ottimi oli, leggeri e profumati, ingredienti fondamentali per molti piatti della cucina regionale. La punta di diamante è senza dubbio l’extravergine di oliva Dop Riviera ligure, una delle 299 eccellenze agroalimentari italiane a denominazione di origine e a indicazione geografica (vini esclusi) riconosciute dall’Unione europea e apprezzate in tutto il mondo.

La certificazione Dop Riviera ligure, ottenuta nel 1997, attesta la provenienza di oli dal territorio regionale, con 3 menzioni geografiche specifiche di produzione: la Riviera dei fiori nella Provincia di Imperia che mette a segno i numeri più importanti, la Riviera del ponente savonese nella Provincia di Savona e la Riviera di levante nelle Province di Genova e La Spezia. Da questi territori proviene un olio di qualità, frutto del lavoro di poco meno di 600 aziende tra olivicoltori, frantoiani e confezionatori. La superficie complessiva iscritta al sistema di controllo della Dop è di circa 2.570 ettari con un numero di piante pari a oltre 740.000.

La campagna olivicola 2018/2019 ha immesso nel sistema di controllo circa 36.000 q di olive, mentre la produzione di olio certificato Dop potrebbe arrivare a sfiorare i 6.900 q, un quantitativo nettamente superiore alla campagna dello scorso anno che si è chiusa con poco meno di 4.600 q e molto vicino ai livelli di quella del 2015/2016, quando furono superati i 7.100 q. Il fatturato al consumo si aggira in genere sui 10 milioni di euro, ma quest’anno molto probabilmente si dovrebbero attestare sui 12 milioni. Si tratta di numeri piuttosto contenuti se comparati con quelli della produzione complessiva nazionale che nel 2018, nonostante un drammatico crollo del 57% rispetto all’anno precedente a causa delle gelate della scorsa primavera e dei danni arrecati dal batterio della Xylella fastidiosa soprattutto negli uliveti pugliesi, ha raggiunto le 185.000 t, per un fatturato di circa 3 miliardi di euro.

Considerato che in termini di volumi il peso delle denominazioni sulla produzione complessiva italiana di olio è del 4%, pari a 7.400 t, quest’anno l’extravergine Dop Riviera ligure potrebbe superare la quota del 9% del quantitativo nazionale certificato. Le caratteristiche organolettiche dell’olio ligure dipendono dalle particolari condizioni pedoclimatiche in cui crescono le cultivar locali: si tratta di un extravergine delicato e fruttato, con un gusto dolce iniziale e con un finale lievemente amaro e piccante, tutte caratteristiche molto apprezzate soprattutto dai consumatori delle Regioni settentrionali, che possono trovare agevolmente questo prodotto di qualità nei punti di vendita della grande distribuzione.

Nei supermercati, però, non sempre l’extravergine di oliva Dop Riviera ligure viene adeguatamente valorizzato e distinto dagli altri oli locali, che evocano gli stessi territori ma non sono certificati. «Per quanto concerne la Liguria, soffriamo la concorrenza a nostro parere sleale dell’olio monocultivar taggiasca generico – afferma Carlo Siffredi, presidente del Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva Dop Riviera ligure – che richiama il territorio pur essendo solamente una varietà senza alcuna garanzia, come invece avviene per l’olio di taggiasca certificato, ossia la sottozona Riviera dei fiori della Dop». Una questione che confonde molti consumatori, anche perché spesso nelle corsie dei punti di vendita della distribuzione moderna coesistono, una accanto all’altra, decine di bottiglie di olio con differenze enormi sia in termini di provenienza sia di qualità.

Nel complesso, perciò, il rapporto tra oli a denominazione di origine e la Gdo non sempre è facile, almeno secondo il parere del presidente Siffredi, che continua: «Si pensi a quanto sia disorientato il consumatore di fronte a uno scaffale zeppo di oli di provenienza diversa, affiancati se non affastellati l’uno sull’altro, con prezzi molto differenti, etichette spesso fantasiose. Sarebbe estremamente importante organizzare reparti e scaffali distinti per i prodotti a denominazione, come già avviene per i prodotti biologici. Chiediamo il sostegno del consumatore e degli operatori commerciali perché anche nell’olio vi sia l’approccio del vino, dove non si chiede o non si propone più il vino rosso o il vino bianco, ma si parla di indicazione geografica del vino legato a quel territorio, proprio in ragione delle sue caratteristiche qualitative e di origine. Nel settore degli oli extravergini di oliva abbiamo 46 indicazioni geografiche: sono gli oli dei territori, garantiti per origine e qualità. Scopriamoli, faremo bene al territorio inteso sia come comunità locale sia come ambiente e paesaggio. Svilupperemo un’economia circolare legata ai diversi territori con un prodotto simbolo della nostra bella Italia».

Ma quanto è realmente conosciuto e apprezzato tra i consumatori l’extravergine d’oliva Dop Riviera ligure nelle sue diverse declinazioni? Quali sono i principali punti di forza di quest’olio di elevata qualità che richiamano maggiormente l’interesse delle persone? Lo abbiamo chiesto ad alcune importanti insegne della Gdo attive soprattutto nelle Regioni nordoccidentali del Paese, dove questo prodotto è maggiormente diffuso. «L’olio extravergine di oliva Dop Riviera ligure ha da sempre avuto la caratteristica di possedere un basso tasso di acidità e altissime proprietà organolettiche – spiega Antonio Muggianu, direttore acquisti di Centro 3A –, è ottenuto dalla spremitura delle olive di varietà taggiasca, preziosa e rinomata, e al palato del consumatore risulta morbido gentile ed equilibrato. Gode di una tendenza di mercato generale in cui le persone hanno diminuito i consumi, ma selezionano prodotti di qualità per un’alimentazione più sana ed equilibrata».

Un consumatore molto attento al portafoglio e alla salute, quindi, che nell’acquisto di un olio non si accontenta più soltanto di offerte e promozioni, ma cerca anche altre caratteristiche in termini di gusto, nutrimento, qualità, origine.

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