Negli ultimi decenni il franchising ha sicuramente innovato il mondo del retail, dei servizi e della cultura in Italia e all’estero. Ha introdotto un nuovo sistema di collaborazione commerciale che consente a chi desidera avviare un’attività autonoma di ridurre il rischio d’impresa potendo usufruire dell’esperienza, del know-how, dei servizi, delle strategie e del modello gestionale collaudati con successo da un’azienda già affermata sul mercato.
Anche in tempi difficili per l’andamento dell’economia come quello che si protrae ormai da qualche anno il franchising dimostra di avere una marcia in più rispetto ad altre tipologie di organizzazione imprenditoriale, grazie ai vantaggi di cui possono avvalersi sia il franchisor sia i suoi affiliati (franchisee). Secondo le stime elaborate da Federfranchising-Confesercenti, infatti, il settore dell’affiliazione commerciale continua a resistere alle difficoltà causate dalla stagnazione economica e ha chiuso il 2018 con un fatturato di 24,4 miliardi di euro, mettendo a segno un crescita dello 0,8% sull’anno precedente. A tenere a galla il comparto è soprattutto l’espansione della sua rete, che ha visto gli imprenditori affiliati oltrepassare il tetto delle 52.000 unità (+1,6%) e gli occupati superare quota 195.000 (+0,6%).
Un esempio virtuoso della formula in franchising è Kids&Us, una scuola di inglese dal metodo didattico originale fondata in Spagna più di 15 anni fa. Il successo della sua metodologia basata sul processo naturale di acquisizione della lingua materna, insieme all’efficacia del modello di business in affiliazione, ha favorito una rapida espansione e oggi questo brand conta oltre 150.000 studenti in 487 scuole distribuite in nove nazioni, Italia compresa.
Nel 2011 il marchio Kids&Us è stato lanciato nel nostro Paese da Claudia Torrisi, imprenditrice con una passione per le lingue straniere e per il mondo dell’infanzia, che spiega: «Vengo da un percorso lavorativo che mi vedeva impegnata all’estero in ambiti completamente diversi dall’insegnamento delle lingue, per le quali comunque ho sempre avuto una particolare predilezione, ne parlo sei. Inoltre, mi piace molto tutto ciò che ruota attorno all’apprendimento dei bambini, specialmente in età precoce. Non sapevo praticamente nulla di questo brand, poi ho avuto modo di testare in prima persona il loro metodo didattico e mi sono resa conto che si trattava di qualcosa di straordinario e unico, che nel nostro Paese mancava. Quando sono rientrata in Italia avevo l’esigenza di far continuare l’apprendimento dell’inglese alle mie figlie, un bisogno quindi molto personale, ma che ho riscontrato essere piuttosto diffuso tra molti altri genitori. Queste erano le premesse e ho deciso di investire nel progetto Kids&Us, poi tutto il resto l’ho imparato facendo strada con loro».
Per puntare su un’attività di franchising come questa occorrono sicuramente capacità finanziarie, considerato che Kids&Us richiede un investimento iniziale di circa 200.000 euro, ma non basta. Sono indispensabili anche qualità imprenditoriali, elevato impegno nei confronti del marchio e passione per il mondo dell’educazione e dei bambini. La maggior parte delle 22 scuole attive sul territorio italiano, infatti, sono state aperte da persone i cui figli avevano precedentemente frequentato i corsi proposti da Kids&Us rimanendone non soltanto soddisfatti, ma reputando quel metodo di insegnamento anche un’opportunità di business.
«Ho deciso di tenermi la mia scuola pilota, diventare franchisee e investire nell’apertura di un secondo centro – continua Claudia Torrisi – poiché amo moltissimo stare a contatto con le persone, le mamme, i bambini, cosa che non potevo fare nel mio ruolo precedente. Nelle nostre scuole c’è un coinvolgimento della famiglia a 360 gradi, organizziamo tantissime attività che prescindono dal classico insegnamento della lingua inglese (laboratori di cucina, di scienze e di teatro, giochi, feste di carnevale), ma che aiutano a trasmettere un valore di appartenenza al marchio e a quello che noi definiamo “l’universo Kids&Us”».
La brand identity, perciò, costituisce un aspetto molto importante per far funzionare il modello del franchising: i franchisor devono essere in grado di far vivere quotidianamente ai propri affiliati l’esperienza di appartenere al marchio trasmettendo tutti i valori che i franchisee, a loro volta, dovranno comunicare ai clienti finali in ogni fase della propria attività.
Un meccanismo che sembra ben oliato in No+Vello, la rete di centri estetici in franchising leader mondiale nel campo della depilazione con luce pulsata ed estetica avanzata. Nato in Spagna nel 2007, questo brand oggi conta più di 1.000 centri in 15 Paesi del mondo, di cui oltre 170 aperti in Italia in cinque anni di attività.
«Faccio parte di quella generazione di ragazzi che si reca all’estero per trovare un lavoro che nel nostro Paese scarseggia – racconta Enza Di Nicola, franchisee e responsabile dei centri della Sicilia occidentale di No+Vello – così mentre ero in Spagna ho conosciuto questo brand da cliente e sono rimasta davvero impressionata dalla sua efficacia. Ho ritenuto che aprire un centro in franchising con loro fosse una buona opportunità di business e li ho contattati. Non avevo alcuna esperienza nel settore del benessere e dell’estetica né come imprenditrice, non avevo neanche molta disponibilità economica da investire e aveva molta paura, però la voglia di tornare in Italia era tanta e No+Vello mi ha permesso di farlo. Mi sono resa conto che il fattore umano ha fatto davvero la differenza: mi hanno preso per mano, sono stata seguita per diverso tempo e mi hanno formata in maniera molto accurata, alla fine sono riuscita ad avviare quattro centri e ho intenzione di aprirne altri».
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