Le bottiglie a marca del distributore stanno riscuotendo sempre più successo un po’ in tutta la nostra Penisola, grazie a proposte che coniugano la qualità legata al territorio a prezzi contenuti.
I prodotti a marca del distributore stanno conquistando anno dopo anno la fiducia dei consumatori e oggi rappresentano a valore circa un quinto del mercato del largo consumo confezionato. Un settore che esprime crescite interessanti e grandi potenzialità di sviluppo nell’universo delle private label è senza dubbio quello del vino, che in diversi paesi europei è da tempo una realtà più che consolidata.
Secondo i dati elaborati dalla Private label manufacturers association (Plma), l’organizzazione commerciale internazionale dedicata alla promozione del marchio del distributore, il fatturato continentale generato da questi vini è di oltre 90 miliardi di euro e in mercati come Francia, Germania, Spagna e Regno Unito la loro quota sull’intero settore del vino supera il 60%. Una percentuale destinata probabilmente ad aumentare grazie al veloce sviluppo degli acquisti online.
In Italia, invece, le bottiglie a marca commerciale sono ancora generalmente percepite come un’alternativa low cost e di scarsa qualità alle etichette convenzionali, anche se ultimamente sembra che questa convinzione cominci a vacillare. Diverse insegne della distribuzione moderna, infatti, stanno incrementando la profondità dei loro assortimenti di vini private label puntando molto di più, rispetto al passato, sui prodotti di fascia media e medio-alta con un buon rapporto qualità-prezzo e con una riconoscibilità del territorio.
Una strategia incoraggiata dall’andamento dell’intero settore del vino nei punti vendita della grande distribuzione organizzata. Il 2018, infatti, ha fatto segnare il quarto anno consecutivo di crescita per le vendite di vini confezionati nella Gdo, almeno a valore. Secondo i dati elaborati da Iri, infatti, lo scorso anno i consumatori hanno acquistato vini e spumanti negli ipermercati, nei supermercati, nel libero servizio piccolo e nei discount per quasi 2,4 miliardi di euro, con un incremento del 2,8% rispetto al 2017, mentre a volume si è verificata una contrazione di circa il 4% e si è passati dai 7,16 milioni di ettolitri del 2017 ai 6,87 del 2018. Tale differenza, che conferma il trend in atto da anni di una preferenza generale per minori quantità e maggiore qualità, si deve anche all’aumento del prezzo del vino fatto registrare nel corso del 2018: le bottiglie da 0,75 litri hanno raggiunto una media di 4,52 euro al litro (+4,6%).
Più nel dettaglio, gli spumanti hanno evidenziato un aumento del 2,5% a valore, grazie soprattutto ai prosecchi che hanno fatto registrare non soltanto il miglior incremento (+5,7%) tra i vari segmenti, ma sono stati anche gli unici ad aver aumentato i propri volumi (+2,7%). Più contenuta la dinamica delle vendite delle bollicine a metodo classico (+0,9% a valore), mentre non si arresta la caduta libera degli spumanti dolci, crollati sia in quantità (-11,6%) sia a valore (-8,7%). Se consideriamo il trend dell’ultimo quinquennio il passivo si fa ancora più pesante: -25,5% in volumi e -23,6% a valore.
Per quanto riguarda i vini fermi, invece, le vendite hanno superato complessivamente 1,9 miliardi di euro con un aumento del 2,9% sul 2017, mentre le quantità si sono ridotte 4,4%. I bianchi hanno mostrato la performance migliore (+3,2% a valore), seguiti dai rosati (+2,9%) e dai rossi (+2,7%), che comunque rimangono il segmento più importante sia per quantità con circa 3,2 milioni di ettolitri sia per valore con oltre un miliardo di euro, pari a più della metà del fatturato di riferimento.
Cresce il giro d’affari dei vini di qualità con le denominazioni Doc e Docg che hanno sfiorato il miliardo di euro (+2,4%) e che negli ultimi cinque anni hanno aumentato il loro peso specifico all’interno del comparto: dal 47,9% del 2013 al 51,7% dello scorso anno. In termini di formato, infine, da segnalare il rafforzamento del fenomeno bag-in-box, le cui vendite negli ultimi tre mesi del 2018 sono cresciute del 19%, anche se per il momento continuano a essere un fenomeno di nicchia rappresentando circa il 2% in volumi e l’1% a valore del totale.
In questo scenario tra luci e ombre per il settore del vino nel canale moderno, le etichette a marca del distributore stanno ottenendo un crescente interesse da parte dei consumatori, mentre le insegne della Gdo stanno proponendo un’offerta sempre più ricca sia in termini di quantità sia di qualità.
Secondo i dati elaborati da Iri sul 2017, infatti, le bottiglie private label pesano in volumi il 16,2% sul totale vino confezionato commercializzato nella distribuzione moderna, pari a un quantitativo di oltre un milione di ettolitri. Se si prendono in considerazione i vari canali distributivi, però, la quota dei vini a marca del distributore differisce in maniera considerevole: mentre negli ipermercati, nei supermercati e nel libero servizio piccolo si attesta sul 13,7%, nei discount sale fino al 25,5% dell’offerta complessiva, vale a dire un’etichetta su quattro è private label. Anche in termini di formati i canali evidenziano differenze sostanziali. Se le bottiglie fino a 0,75 litri, ad esempio, valgono il 5,9% dell’assortimento di ipermercati e supermercati, nei discount sfiorano il 15%, mentre i brik pesano rispettivamente per il 33,8% e per il 55,9%.
«Lo scorso anno, la private label sul totale del nostro venduto si è attestata al 9,8% – afferma Giuliano Calogero, product manager beverage di Despar Italia – con un incremento a valore del 2,2% e a volume dello 0,5%. Il riferimento più importante resta il Nordest, ma registriamo buoni risultati anche al Centro e al Sud che insieme valgono il 35%. Restano invariate rispetto all’anno precedente le vendite del vino da tavola, comparto nel quale la nostra insegna desidera evolversi implementando il formato da 0,75 litri in vetro, il quale porterebbe un incremento interessante. Attualmente stiamo registrando aumenti significativi sull’assortimento di media qualità, frutto di un corretto posizionamento, un’ampia offerta e, non trascurabile, un ottimo rapporto qualità-prezzo. L’offerta si amplierà con il lancio di tipologie di vino non ancora presidiate, prestando particolare attenzione ai vini delle zone in cui sono previste aperture di nuovi punti vendita».
Come in tutto il settore del vino, anche per la marca del distributore negli ultimi anni si riscontra una tendenza che vede il consumatore privilegiare la qualità rispetto alla quantità, e sembra che le insegne della Gdo stiano agevolando tale dinamica comprendendo nei loro assortimenti bottiglie non soltanto di una qualità media maggiore rispetto al passato, ma che rappresentano anche la tipicità dei tanti territori italiani.
«Per quel che riguarda il vino di alta qualità – continua Giuliano Calogero – registriamo un interesse crescente da parte dei consumatori, in particolare di quelli più “esperti” sempre più disponibili ad acquistare anche nella grande distribuzione, frutto di assortimenti sempre più profondi e in grado di soddisfare tutte le esigenze. In questo comparto l’offerta qualitativa raggiunge alti livelli con un posizionamento sempre attento al rapporto qualità-prezzo. Stiamo perseguendo l’obiettivo di creare un’ulteriore linea premium che comprenderà le etichette più rappresentative del comparto, non trascurando le eccellenze locali che restano indispensabili».
Secondo una recente indagine realizzata da Nomisma, le vendite complessive dei prodotti private label nel 2018 hanno raggiunto 10,3 miliardi di euro evidenziando un incremento del 2,5% rispetto all’anno precedente. E tra i segmenti che hanno fatto registrare la crescita migliore ci sono proprio le referenze premium (+13%) che rappresentano l’8,4% delle vendite totali e quelle funzionali (+13,6%), la cui incidenza sul settore è del 2,5%. I prodotti mainstream, invece, che costituiscono la gran parte delle vendite a marca del distributore con il 78,3% non sono andati oltre un incremento dell’1,2%, mentre la fascia del primo prezzo (3,5% del totale) ha evidenziato una netta contrazione del 6,2%, a riprova che la marca privata sta sempre più virando verso la qualità, e il vino non fa eccezione.
«Il 2019 sarà per noi un anno di ulteriore sviluppo per quanto riguarda i vini private label – spiega Marco Pozzali, responsabile marca del distributore del Gruppo VéGé – il segmento “mainstream” in brik è in continua crescita grazie alla presenza fissa nella nostra offerta Edlp (prezzi bassi tutti i giorni), mentre i vini in bottiglia prevedono il completamento di una proposta a scaffale che ha esordito con l’etichetta Ca’ del Duca, caratterizzata dalla selezione di cantine con un ottimo rapporto qualità-prezzo. La criticità di questi progetti è anche il punto di forza del nostro gruppo: la presenza su tutta la Penisola con imprese e punti vendita da sempre radicati nel proprio territorio, infatti, permette una profonda conoscenza della produzione enologica locale, consentendo di individuare le migliori cantine senza che abbiano necessariamente notorietà nazionale. Una pluralità di brand permetterà il presidio anche di una fascia medio-alta dove l’elemento comune sarà la presenza in etichetta del logo che da tempo caratterizza la proposta premium del nostro gruppo, a suggello della qualità e dell’attenta selezione dei prodotti».
Negli ultimi anni, diversi retailer si stanno distinguendo per una strategia caratterizzata proprio da un ampio lavoro di selezione delle cantine vitivinicole sparse sul territorio italiano e con alcune di esse, anche piuttosto conosciute e apprezzate dai consumatori, vengono stipulate joint venture per dare vita a nuove etichette per la produzione di vini di fascia medio-alta venduti solamente nel canale moderno. Ci sono anche casi in cui l’insegna della Gdo commissiona a una determinata cantina la produzione di un nuovo vino esclusivo da inserire nella propria linea a marchio. E poi, c’è il segmento dei vini biologici, la cui offerta sugli scaffali dei supermercati risulta in aumento, anche a marca del distributore.
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