L’ampia varietà è una grande risorsa per la produzione dolciaria, molto attenta alla selezione e ai controlli qualitativi.
La farina di frumento tenero è un ingrediente fondamentale per le molte specialità della tradizione alimentare italiana, compresi i prodotti dolciari, e dalle sue caratteristiche qualitative dipende il risultato finale e, quindi, il successo commerciale delle tante varietà di biscotti e di lievitati che troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati.
L’industria molitoria nazionale – secondo i dati dell’Associazione industriali mugnai d’Italia (Italmopa) – conta circa 350 mulini che macinano ogni anno circa 11 milioni di tonnellate di frumento lavorato, dando vita a una produzione totale di sfarinati che nel 2017 ha sfiorato i 7,8 milioni di tonnellate, facendo registrare un leggero incremento rispetto all’anno precedente (+0,4%). Il fatturato complessivo del settore si avvicina ai 3,5 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi di euro provenienti dal comparto della trasformazione del frumento duro e 1,8 miliardi di euro da quello del frumento tenero. Quest’ultimo segmento nel 2017 ha prodotto circa 4 milioni di tonnellate di farine con una leggera contrazione dello 0,2% rispetto al 2016, pari a circa 8.000 tonnellate in meno.
Gran parte degli sfarinati di frumento tenero è destinata alla filiera della panificazione, che nel 2017 ha lavorato un quantitativo pari a 2,5 milioni di tonnellate. L’industria dolciaria, invece, ha utilizzato quasi 700.000 tonnellate, mentre più di 370.000 tonnellate sono servite per la produzione di pizza.
Sono numeri importanti che testimoniano il grande valore di un settore strategico per il Made in Italy agroalimentare, anche se il 2018 non è stato molto positivo per il frumento tenero. Condizioni climatiche piuttosto sfavorevoli hanno infatti causato una forte riduzione dei volumi produttivi nell’Europa centrale e settentrionale, mentre il raccolto italiano è stato abbastanza insoddisfacente in alcune aree produttive per quantità e qualità. Tali dinamiche ovviamente impattano sulla produzione dell’industria molitoria nazionale che negli anni ha sviluppato una forte dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di grano tenero, soprattutto da Ungheria, Francia, Austria, Ucraina, Bulgaria e Germania.
Fatto sta che questo cereale così ricco di amido, proteine, vitamine, fibre e minerali rappresenta da sempre un ingrediente indispensabile per moltissimi prodotti che sono alla base della nostra alimentazione. Di frumento tenero, però, non esiste una sola varietà, anzi sono molte e oggi nel mondo se ne sviluppano continuamente di nuove, con l’obiettivo di rispondere a esigenze ambientali, agronomiche e qualitative. Così come le diverse farine che ne derivano, ognuna con le sue caratteristiche organolettiche, devono soddisfare le tante necessità delle aziende dell’industria dolciaria. A questo proposito, è bene fare un po’ di chiarezza sul rapporto tra farine e prodotti finali.
«La farina è uno sfarinato che si ottiene dalla macinazione del grano tenero – spiega Alessandra Balocco, direttore marketing di Balocco – ed è composta fondamentalmente da amido, da una piccola percentuale di lipidi e da glutine. Quest’ultimo, una proteina reticolare ed elastica, ingloba la Co2 che si forma durante le fasi di lievitazione permettendo lo sviluppo degli impasti, con formazione della caratteristica alveolatura. Tipica è quella soffice e “spugnosa” dei lievitati da ricorrenza. Sulla base delle peculiarità quali-quantitative del glutine si possono ottenere farine con parametri chimico-fisici diversi, espressi come “forza” (ottenuta dalla correlazione tra indice di tenacità e indice di estensibilità). Ogni tipologia di prodotto richiede pertanto una farina con forza diversa. Le farine “di forza” sono ottimali per i prodotti a lunga lievitazione come, ad esempio, i lievitati da ricorrenza, mentre quelle “deboli”, cioè con minor concentrazione di glutine, sono ideali per la preparazione di prodotti da forno quali biscotti frollini e wafer. La scelta della farina è quindi un parametro fondamentale e imprescindibile, correlato strettamente alle caratteristiche qualitative tipiche del prodotto».
Il legame tra questo importante ingrediente e le tante specialità di biscotti e lievitati è perciò di estrema rilevanza, ecco perché le aziende produttrici del settore dolciario dedicano molte energie alla ricerca delle migliori farine disponibili sul mercato.
«La farina di grano tenero – afferma Alessio Veliscek, direzione acquisti di Bauli – è un elemento molto importante per la maggior parte delle tecnologie utilizzate per la produzione dei prodotti da forno ed è spesso chiamata a soddisfare esigenze contrastanti. I parametri reologici che la contraddistinguono sono il risultato di una sapiente miscela di diverse tipologie di grani e dell’arte molitoria dei mugnai.
Il grano tenero è un prodotto della terra che conseguentemente, in agricoltura, subisce gli effetti del clima, dei terreni e delle pratiche agronomiche. Di anno in anno, di raccolto in raccolto, i mugnai e le aziende utilizzatrici devono così tenere in considerazione le fluttuazioni qualitative che intervengono sulle performance delle diverse varietà di grani. Anche per questo motivo la ricerca di prodotti dalle prestazioni ottimali suggerisce molto spesso di realizzare approvvigionamenti da diversi luoghi geografici, a volte anche molto lontani dalle zone di utilizzo, ma che permettono di dare ai prodotti finiti quelle caratteristiche estetiche e organolettiche richieste dalle aziende per soddisfare le esigenze del consumatori.
La perfetta riuscita dei prodotti da forno – conclude Alessio Veliscek – viene quindi influenzata da un ingrediente che, sebbene non rappresenti spesso il principale in termini di costo, ha invece una importanza fondamentale nell’ottenimento degli standard qualitativi definiti e che richiede un’attenzione estrema nella selezione della materia prima e dei processi di trasformazione intermedia».
Ogni tipologia di farina, poi, ha le sue caratteristiche compositive: la 00, ad esempio, ha un contenuto molto più elevato di amido rispetto alle proteine, agli elementi minerali e alla fibra, mentre nelle altre farine questo rapporto cambia gradualmente fino a ribaltarsi in quella integrale. Come a dire, a ciascun prodotto la sua farina.
«La nostra azienda utilizza diverse tipologie di farine – afferma Ezio Pinto, marketing supervisor di Di Leo Pietro – quelle maggiormente impiegate sono l’integrale e la tipo 1 perché più ricche di sostanze nutritive e quindi più coerenti con la nostra offerta. Inoltre, molte referenze sono realizzate con farina di grano duro (farina Cappelli, Farro, Khorasan Kamut) la quale, a differenza del frumento tenero, incide sulla percezione del gusto del biscotto con una maggiore complessità in termini di bilanciamento dei vari ingredienti».
Negli ultimi anni si è via via rafforzata la domanda per prodotti dolciari innovativi, sia quelli percepiti come salutistici da parte dei consumatori sia quelli ottenuti con materie prime regionali e locali, una tendenza che ovviamente interessa in maniera diretta anche gli ingredienti principali.
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