La rete dei tabaccai è diventata un importante punto di riferimento per l’erogazione di servizi statali, ma sui margini di business pesano diversi fattori.
Il tabaccaio sotto casa che vendeva quasi esclusivamente sigari e sigarette, fiammiferi, marche da bollo e francobolli, tutt’al più qualche articolo di cancelleria, è soltanto un lontano ricordo. Oggi le tabaccherie sono profondamente cambiate rispetto al passato e rappresentano – specialmente nelle grandi città – un’efficiente rete distributiva di servizi evoluti a beneficio dello Stato e del cittadino.
Secondo i dati del “Rapporto sulla distribuzione dei tabacchi lavorati in Italia 2016” realizzato dalla Federazione italiana tabaccai e da Logista Italia, oggi le tabaccherie attive sul territorio nazionale sono poco più di 55.000, in cui lavorano 140.000 addetti tra titolari, dipendenti e collaboratori.
Negli ultimi tre anni, con l’intento di razionalizzare la rete di distribuzione per armonizzare le esigenze di consumo con quelle di tutela della salute, il legislatore ha limitato l’apertura di nuovi punti vendita, il cui numero è rimasto sostanzialmente invariato. Ogni anno le tabaccherie movimentano un volume complessivo d’affari di oltre 50 miliardi di euro, di cui 20 miliardi di euro incassati per lo Stato e ad esso interamente riversati, mentre circa 4 miliardi di euro provengono dai giochi, di cui più della metà riguardano il Lotto e le varie lotterie, anche in questo caso interamente riversati allo Stato. Inoltre, i tabaccai distribuiscono l’80% dei titoli di viaggio regionali di Trenitalia, il 75% dei voucher Inps e il 60% delle ricariche telefoniche.
A livello territoriale, la Lombardia è la regione con il maggior numero di tabaccherie con oltre 7.400, seguono il Lazio con circa 5.000, la Campania e il Veneto con poco più di 4.600 punti vendita. Nel Sud e nelle isole si concentra il 31% delle rivendite, nel Centro il 25%, nel Nordovest il 23% e nel Nordest il 21%, quote che più o meno rispecchiano la distribuzione della popolazione nelle quattro macro aree.
Si stima che ogni giorno i clienti che frequentano ciascun punto vendita siano mediamente 250-300, per un totale di circa 15 milioni di persone, a dimostrazione che le tabaccherie svolgono un ruolo molto rilevante all’interno del tessuto sociale del nostro Paese. In termini di capillarità, infatti, in rapporto alla popolazione, sul territorio italiano è attiva una tabaccheria ogni 1.104 abitanti. Per fare un paragone, se si considerano, ad esempio, i 30.000 sportelli bancari ce n’è uno ogni 2.020 cittadini, mentre nel caso dei 13.200 uffici postali ce n’è uno ogni 4.606.
Quello del tabacco è un mercato condizionato da diversi fattori, dalle politiche nazionali e comunitarie per la tutela della salute all’evoluzione delle normative fiscali, dai riflessi della crisi economica alle politiche commerciali adottate dai produttori, fino al fenomeno del contrabbando.
Il settore, negli ultimi anni, ha pesantemente risentito della congiuntura economica negativa del Paese, facendo registrare un calo delle vendite di tabacchi lavorati di quasi 15 milioni di chilogrammi. Si è passati infatti dagli oltre 94,5 milioni di chilogrammi nel 2008 a meno di 80 milioni nel 2015, pari a una contrazione del 15,6%. Dal 2008 al 2013, tuttavia, in termini di valore, il mercato ha mantenuto un andamento positivo, con un aumento di quasi un miliardo di euro. Nel solo biennio 2012-2013, però, questa crescita economica è stata completamente vanificata dall’accelerazione della perdita dei volumi (-10 milioni di chilogrammi).
Dopo una piccola crescita in quantità nel 2014 (ma non in valore), il 2015 ha mostrato segnali tutto sommato positivi: a un lieve calo dei volumi (-0,5%) ha corrisposto un buon aumento economico (+2,8%), un risultato che può dare fiducia a un mercato alla ricerca di stabilità ed equilibrio in seguito a un periodo burrascoso.
L’andamento delle singole categorie di prodotto conferma la pressione negativa degli effetti della crisi economica sul mercato dei tabacchi lavorati. Le sigarette, ad esempio, che rappresentano il 92,5% delle vendite del settore, dal 2008 al 2015 hanno fatto registrare una perdita in volumi di oltre 18 milioni di chilogrammi, con una contrazione del 19,8%. Al contrario, le vendite dei trinciati per arrotolare le sigarette, con una quota del 5,1%, sono passati da 1,1 milioni di chilogrammi nel 2008 a 4,1 milioni nel 2015, mostrando una crescita eccezionale del 272,7%.
In termini di volumi complessivi distribuiti, il Meridione è il territorio che veicola il maggior numero di vendite con il 34,7%, seguono il Nordovest con il 25,4% e il Centro con il 24%, più staccato il Nordest con una quota del 15,9%. La Lombardia si conferma la regione con più prodotti venduti (14,8%), seguita da Campania (11,1%), Lazio (10,9%) e Sicilia (9,6%). Questi quattro territori si spartiscono quasi la metà del mercato. È interessante notare come la Campania e la Basilicata siano le uniche regioni a mostrare valori in crescita dal 2014 al 2015 (rispettivamente +3,5% e +1,2%).
Le tabaccherie commercializzano i prodotti del tabacco in regime di esclusiva, in virtù di una concessione amministrativa rilasciata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli e di un corso obbligatorio di idoneità professionale, come previsto dall’art. 55 della legge 122/2010. Dalla data dell’entrata in vigore di questa normativa sono stati formati oltre 22.000 tra titolari di rivendite e loro collaboratori.
«Il mondo delle tabaccherie si è molto evoluto nel corso degli ultimi decenni – afferma Giovanni Risso, presidente nazionale della Federazione italiana tabaccai (Fit) cui aderiscono 46.000 delle 55.000 tabaccherie attive nel nostro Paese – e se, come rivenditori di prodotti di monopolio, i tabaccai sono storicamente i principali collettori di imposte su base volontaria per conto dello Stato, siamo anche, allo stesso tempo, dalla parte del cittadino.
È proprio nel tabaccaio di fiducia infatti che i cittadini trovano il più stretto alleato nella quotidiana lotta con le scadenze. Nelle tabaccherie, aperte ben oltre 12 ore al giorno e anche di sabato e domenica, è possibile arrivare e, senza fare un minuto di fila, pagare ogni tipo di bollettino, i tributi F24 e i voucher Inps per il lavoro occasionale. Si tratta di servizi evoluti che possiamo erogare grazie a quella Banca Itb che sin dalla sua fondazione, cui noi abbiamo dato un contributo fondamentale, è stata chiamata “la banca dei tabaccai”».
Fondata nel 2008 come banca online dedicata alla rete delle tabaccherie, lo scorso dicembre Itb è stata acquisita interamente da Intesa Sanpaolo, che già deteneva una quota di capitale del 10%, con l’obiettivo di incrementare i servizi bancari già disponibili nelle rivendite. Grazie a questa operazione nasce Banca 5, la prima banca di prossimità in Italia con oltre 30.000 punti vendita sul territorio tra tabaccai e punti Atm, focalizzata sull’instant banking e cinque aree di prodotto: conto corrente, carte, assicurazioni, prestiti e altri servizi aggiuntivi.
Se per i cittadini si tratta di una valida alternativa alle attività offerte dai consueti sportelli bancari in termini di facilità di accesso e di risparmio di tempo, per i tabaccai si tratta di un’importante opportunità per incrementare le proprie fonti di guadagno.
Nonostante l’ampliamento dell’offerta dei servizi proposto negli ultimi anni alla propria clientela, infatti, il reddito delle tabaccherie si è progressivamente impoverito (circa -10% nel periodo 2008-2014). Certamente la responsabilità maggiore di tale depauperamento è imputabile soprattutto alla crisi economica, ma ha influito molto anche la diminuzione della domanda per i prodotti del tabacco in seguito alle politiche di contrasto al tabagismo. Altro fattore determinante è stata l’immobilità, nel corso del tempo, dei margini di guadagno per i tabaccai derivanti dalle principali attività come la vendita dei tabacchi e i servizi di ricevitoria, a fronte di un aumento pressoché costante dei costi fissi (locazioni, utenze, tributi ecc.). Non ultimo, il danno causato dalle attività di contrabbando e di contraffazione dei prodotti.
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