Ampliamento dell’offerta e trend salutistici danno sostegno al mercato con buoni tassi di sviluppo, in particolare per il segmento del biologico.
Flessioni dei consumi fuori casa, ricerca di cibi semplici e naturali, offerta sempre più ampia sia in termini di ricette sia di formati. Sono questi probabilmente i principali fattori che stanno accompagnando la crescita dei consumi di marmellate e confetture in questi ultimi anni. Un settore che sembra godere di ottima salute e i cui prodotti continuano a conquistare l’apprezzamento dei consumatori grazie alla qualità degli ingredienti e a una buona capacità di innovazione. Il ridotto potere d’acquisto delle famiglie italiane causato dal protrarsi della crisi economica ha certamente influito su una ritrovata predilezione per cibi meno elaborati e a più buon mercato, ma è indubbio che le aziende produttrici di marmellate siano riuscite a leggere molto bene le necessità e i gusti dei consumatori, sia in termini di caratteristiche qualitative dell’offerta sia di servizio.
Il mercato delle marmellate e delle confetture è piuttosto dinamico e negli ultimi anni ha fatto registrare consumi crescenti. Nel 2015 – secondo i dati forniti da Iri Infoscan (anno terminante a febbraio 2016) – sono stati venduti prodotti per oltre 44,5 milioni di chilogrammi, con un aumento dell’1,6% rispetto allo scorso anno. In termini di valore, le vendite hanno superato i 263 milioni di euro, con una crescita del 3,3%.
Tra i vari segmenti, le confetture dietetiche hanno mostrato le performance più brillanti evidenziando un incremento dell’8,2% a volume e del 10,4% a valore, pur rappresentando solo il 3,8% dei consumi dell’intero settore. Molto bene anche le composte (+6,1% in quantità e +7,3% a valore) e le specialità (+29,3% sia a volume sia a valore), anche se queste ultime rimangono una categoria di estrema nicchia stazionando sotto lo 0,5% in termini di peso sulle vendite complessive.
Meno brillante la crescita dei prodotti monoporzione (+1,3% a volume e +2% a valore) e delle confetture normali in vasetto (+0,3% e +0,9%), che sono la parte più consistente del comparto rappresentando circa il 75% delle vendite. L’area del Paese in cui si consumano maggiormente marmellate e confetture è il Nordovest con il 31,3% del totale nazionale, segue il Nordest con il 26,8%, il Centro con il 24,9% e chiude il Sud con il 17%. Oltre il 68% delle vendite si effettua nei supermercati, il 16,7% nel libero servizio e il 14,7% negli ipermercati. I primi tre produttori del settore coprono a valore quasi metà del mercato (48,9%), mentre le private label pesano per il 29%.
«Il mercato delle confetture è in salute – afferma Andrea Panzani, presidente dell’Associazione italiana industrie prodotti alimentari (Aiipa) Gruppo confetture, marmellate, gelatine e prodotti affini – e ha registrato consumi crescenti negli ultimi anni. Il ruolo delle confetture appare tuttavia sostanzialmente immutato nel tempo agli occhi del consumatore: è un prodotto percepito sano, fatto con ingredienti naturali, semplice, adatto per adulti e bambini.
La categoria di prodotto ha una posizione precisa e importante nell’ambito dell’alimentazione quotidiana, personale e familiare: è un momento di condivisione e di piacere, goloso ma non colpevolizzante, identificato nella prima colazione o nella merenda per i bambini. Le caratteristiche più importanti riconosciute dal consumatore riguardano variabili semplici come sapore, dolcezza, consistenza e colore.
In termini di percezione, la genuinità e la bontà dei prodotti passano pertanto anche dalla percentuale di frutta contenuta, elemento rassicurante unitamente all’importante ruolo interpretato dalle marche, garanti anche della “sicurezza” del prodotto.
Negli ultimi anni è molto interessante anche la crescita del biologico che identifica un target di consumatori ben profilato e fedele a questo segmento. La confettura è in ogni caso già di base percepita come un alimento fatto con ingredienti naturali e nel processo di acquisto la marca segmenta identificando un tipo di prodotto e rassicurando circa la qualità e la prestazione attesa».
Quello del biologico in Italia è un mercato in piena espansione e da un decennio cresce con tassi a doppia cifra. Lo scorso anno, secondo i dati Nielsen, le vendite in Gdo di prodotti bio hanno superato gli 860 milioni di euro, facendo registrare un incremento di circa il 20% rispetto ai dodici mesi precedenti. Al secondo posto dietro le uova, tra le referenze bio più vendute ci sono le composte di frutta con un valore di oltre 60 milioni di euro (+8,2%). Sempre più aziende del settore, infatti, producono marmellate e confetture realizzate con frutta biologica certificata, coltivata senza fertilizzanti né pesticidi e dolcificate con zucchero di canna bio, con un’ottima risposta da parte dei consumatori.
Proprio il consumatore, però, spesso non ha le idee molto chiare sulle diverse tipologie di prodotto e sulle loro caratteristiche, che sono state stabilite addirittura da una direttiva europea. Quando si parla di marmellata, infatti, s’intende soltanto il prodotto a base di agrumi, mentre si definisce confettura il composto realizzato con altri tipi di frutta, ma anche di ortaggi, come ad esempio la cipolla. I vari prodotti, inoltre, differiscono tra loro per il diverso contenuto di frutta: la marmellata deve raggiungere almeno il 20%, nella confettura il 35%, che sale al 45% per quella extra.
«I dati ci dicono che il consumo di confetture è consuetudine in oltre 15 milioni di famiglie – spiega Cristina Grappeggia, direttore marketing di Valsoia – e che non vi sono segnali di crisi. Il vissuto delle confetture è quello di un alimento semplice e naturale. Santa Rosa, con la sua “Tanta frutta a pezzettoni”, interpreta quest’anima di bontà nella tradizione e della genuinità con una firma tutta italiana, che da sempre si connota per qualità, selezione, saper fare.
Nel mercato, oltre ai già noti prodotti bio, le variabili in gioco sono la quantità di frutta e di zuccheri, che caratterizzano referenze più moderne nella promessa e nei sapori. Santa Rosa oggi è pronta all’ampliamento dell’offerta con proposte che porteranno nuove opportunità al mercato per attrarre sempre più consumatori. Inoltre, investiamo molto in comunicazione, contribuendo in modo concreto e significativo a supportare i consumi del mercato, oltre naturalmente ai valori del brand».
È interessante notare, in effetti, il ruolo per nulla marginale della comunicazione implementata negli ultimi anni dalle aziende del comparto, non soltanto sui canali tradizionali, ma soprattutto sul web. Con l’obiettivo di coinvolgere il consumatore in maniera sempre più diretta, infatti, alcuni player del mercato hanno investito risorse nello sviluppo di siti internet e profili sui principali social network per raccontare la qualità dei propri prodotti, la semplicità e la genuinità degli ingredienti e tutti i controlli della filiera. Sulle pagine Facebook di queste aziende, ad esempio, si susseguono video con raccolta di frutta, ricette e abbinamenti fantasiosi, notizie a tema scientifico-nutrizionale, iniziative speciali, indicazioni ecosostenibili e molte altre informazioni per interagire con il consumatore cercando di creare una community sempre più numerosa e affezionata.
«Confermiamo l’impressione di un mercato nel suo complesso in crescita, piccola ma costante – dichiara Giorgio Visini, amministratore delegato di Vis – all’interno del quale ciascuno dei principali player ha trovato il suo spazio e presidia un segmento dello scaffale; pertanto negli ultimi anni lo scenario non ha visto grossi sconvolgimenti.
Dal punto di vista dell’offerta, c’è stato un ampliamento della gamma nel suo complesso, con l’inserimento di referenze appartenenti a varie nicchie (il prodotto gourmet, quello biologico, quello con valenze nutrizionali specifiche), e noi stessi abbiamo seguito questa strategia di diversificazione. Per quanto riguarda i trend futuri, noi vediamo, innanzitutto, una sostanziale tenuta delle referenze classiche, e uno sviluppo, potenzialmente importante, dei prodotti a valenza salutistica».
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