Destagionalizzazione e varietà di offerta, motivi di successo di un prodotto d’importazione. Basilare saperne distinguere le caratteristiche.
Il salmone affumicato in busta, in maniera analoga ad altri prodotti ittici lavorati, ormai non è più considerato uno sfizio di lusso da consumare soltanto nelle occasioni speciali, come il pranzo di Natale, ma compare quasi stabilmente su gran parte delle tavole degli italiani. Per tutto l’anno, i punti vendita della grande distribuzione propongono un buon numero di referenze, talvolta anche in grande varietà. Aumento di prodotti di fascia di prezzo medio-bassa, disponibilità di confezioni in differenti tagli e pesi adatti a ogni esigenza, consolidamento delle scelte salutistiche dei consumatori sono tra i principali fattori di successo di questa specialità. Il nostro Paese importa ogni anno oltre 11.000 tonnellate di salmone affumicato – con un aumento significativo nel 2014 dalla Svezia e dalla Germania – per un valore di circa 150 milioni di euro, una cifra che rappresenta quasi il 4,5% dell’import complessivo dei prodotti ittici trasformati.
Ci sono poi le importazioni di salmoni freschi o refrigerati, parte delle quali è destinata alla lavorazione dei prodotti affumicati in busta. Il volume complessivo di quest’import supera le 30.000 tonnellate, per un valore di più di 170 milioni di euro. In termini di acquisti domestici, nonostante la crisi economica, negli ultimi anni si è registrato un aumento dei consumi di salmone lavorato in busta e una diminuzione dei prezzi, anche se l’anno scorso, a fronte di un generale rafforzamento dei prodotti ittici trasformati, gli acquisti di salmone affumicato sono scesi leggermente in quantità (-1,3% rispetto al 2013) e in maggior misura in valore (-7,8%).
«È sicuramente un buon momento – afferma Giordano Palazzo, presidente di La Nef – con consumi e cultura di prodotto in crescita. Stiamo investendo molto sulla qualità intesa come miglioramento della tecnologia produttiva, senza dimenticare la tradizione, sulla conservazione del prodotto fresco, mai congelato, con una distribuzione/logistica sempre più veloce e affidabile. La nostra strategia per il mercato italiano è rivolta alla creazione di brand riconosciuti dai consumatori, per questo continuiamo e continueremo ad aumentare la qualità dei nostri prodotti e investiremo sempre di più in comunicazione. Il nostro obiettivo è occupare lo spazio di vendita dedicato all’alta qualità e all’eccellenza. Nel 2014 abbiamo superato le 10.000 tonnellate di prodotto finito nei vari mercati europei e abbiamo ottenuto importanti riconoscimenti qualitativi. Secondo la nostra visione, il mercato delle fette continuerà a crescere in qualità e di pari passo aumenterà la cultura del consumatore sul prodotto, che fino a un po’ di tempo fa era poco presente nei menu degli italiani. Questi sono i punti critici su cui lavorare nell’immediato futuro».
A testimonianza della larga diffusione fatta registrare negli ultimi anni dal salmone affumicato, nel 2011 l’Istat ha inserito questa specialità nell’elenco dei prodotti che compongono il paniere di riferimento della rilevazione dei prezzi al consumo, che tiene conto delle novità nelle abitudini di spesa delle famiglie italiane. «Sinceramente anche noi siamo stupiti della crescita dei consumi di salmone – spiega Nicole Coppola, responsabile marketing di Riunione industrie alimentari – visto l’andamento generale del mercato alimentare. Ovviamente siamo molto lieti di constatare che le abitudini dei consumatori sono cambiate, destagionalizzando un prodotto come il salmone, una volta relegato unicamente al periodo natalizio. Riscontriamo oggi che l’aver fatto comunicazione su questo pesce dai grandi pregi, anche al livello nutrizionale, e aver cercato di incentivarne la presenza nel punto vendita ha dato i suoi frutti nel tempo. Ora c’è da perseguire in una comunicazione mirata, associata a una distribuzione sempre più capillare sul territorio. Il nostro obiettivo è presentare la variegata gamma di proposte con cui è possibile assaporare il salmone e da sempre lavoriamo per presentare al pubblico nuove modalità di consumo».
Qualche anno fa la Commissione europea finanziò uno studio (Eurosalmon) sulle preferenze dei consumatori riguardo al salmone affumicato, con l’obiettivo di fornire all’industria comunitaria del salmone uno strumento utile per migliorare la qualità del prodotto finale. Dai risultati della ricerca – condotta in Italia, Francia, Regno Unito, Germania e Belgio che insieme rappresentano circa l’80% delle vendite di questo pesce dell’intero mercato europeo – emerse che la stragrande maggioranza degli intervistati (80%) considerava l’aspetto e il colore del salmone affumicato come i criteri principali di scelta per l’acquisto. Oggi forse la situazione è un po’ cambiata. «Indubbiamente il prodotto, da qualche anno, sta subendo una lenta ma continua destagionalizzazione – dichiara Gianpaolo Ghilardotti, titolare di Foodlab – e il consumatore si sta abituando a un acquisto non d’impulso. Crediamo che sia anche merito di un’evoluzione produttiva: prima il flavour del prodotto rispondeva alla cultura gastronomica nordeuropea, oggi la tecnologia (in versione “mild”) ha dato una connotazione tipicamente sudeuropea, con un gusto delicato, poco salato e un prodotto curato nella preparazione e nella presentazione, il tipico approccio manifatturiero italiano». Anche il trend salutistico e del mangiare sano esploso negli ultimi anni ha probabilmente influito sul successo del salmone in busta.
«Certamente la volontà di “voltare pagina” nei confronti delle nostre abitudini a tavola – continua Ghilardotti – ha avuto un ruolo chiave: meno prodotti carnei e più ittici, soprattutto nelle tavole del Centro e del Nord Italia, dove gli affettati la facevano da padrone. In termini di quote di mercato, inoltre, in Italia dominano gli importatori, che nella stragrande maggioranza dei casi lavorano su grandi volumi. Il nostro è un paese molto frammentato e talvolta con variabili anche molto importanti sulle tipologie di prodotti venduti da un’area all’altra. Credo che i produttori italiani, se sapranno cogliere l’opportunità, potranno avere un’importante voce in capitolo sugli scenari futuri del salmone trasformato, e tralascio volutamente il termine affumicato in quanto esistono altri tipi di lavorazione che si stanno lentamente affermando». Rimanendo al tema della concorrenza intersettoriale, sembra che negli ultimi anni si siano verificati alcuni cambiamenti con l’avvento sul mercato italiano di alcuni player venuti da lontano.
«La crisi economica degli ultimi anni ha colpito anche i consumi di salmone affumicato – afferma Luciano Gusmeroli, presidente di Coam – spingendo alcuni grossi produttori del Nord Europa, soprattutto dei paesi Baltici e Polonia, ad affacciarsi sul nostro mercato con aggressive politiche commerciali. Ciò può aver favorito il consumo di salmone, ma a forte discapito della qualità del prodotto. Ci sarebbero alcuni aspetti da migliorare nel nostro settore, sicuramente l’informazione: una maggiore conoscenza del prodotto, dall’origine della materia prima alla lavorazione, da parte dei consumatori favorirebbe scelte più orientate alla ricerca di quelle caratteristiche e peculiarità tipiche che fanno la differenza». Specie dei salmoni, paesi di provenienza, sistemi di allevamento, metodi di lavorazione, criteri di conservazione, sono molti gli elementi di questa filiera che influiscono in maniera determinante sulla qualità del prodotto finale, ma il consumatore sembra non sia del tutto informato su questi aspetti.
«In vendita esistono tantissime proposte – spiega Claudio Cerati, titolare di Upstream – da quelle più economiche a quelle più costose e, a mio parere, con livelli di qualità molto difficili da individuare. In molti casi l’informazione non raggiunge il consumatore nella maniera più corretta, soprattutto per quanto riguarda gli ingredienti e le zone di provenienza. Si tende spesso a generalizzare questo prodotto in funzione del paese di origine, dimenticando invece che il salmone proveniente dall’Atlantico è tutto Salmo salar: ciò che fa la differenza è la lavorazione della materia prima, che conferisce al salmone una “firma”, che lo rende unico e riconoscibile. Credo che nel nostro settore andrebbero migliorati alcuni aspetti, in primis la qualità del salmone, che si posiziona nella fascia di prezzo medio-bassa, e la comunicazione. Penso sia ora di diffondere un’informazione più dettagliata sulla qualità dei salmoni allevati e sui selvaggi, al fine di mettere il consumatore nelle condizioni di avere un’idea chiara di quello che sta acquistando e mangiando».
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