La grande distribuzione organizzata punta molto sul reparto macelleria per cercare di fidelizzare il cliente, ma il consumatore oggi non si accontenta soltanto della convenienza, è sempre più attento alla qualità e al servizio. Ecco cosa ne pensano alcuni protagonisti della filiera della carne.
Uno dei terreni su cui si gioca la partita della competitività tra le varie insegne della grande distribuzione organizzata è sicuramente il reparto delle carni fresche. Negli ultimi anni, infatti, i supermercati della gdo hanno assunto un ruolo sempre più importante per l’intera filiera della carne, con un peso specifico crescente non soltanto in termini di volumi venduti e di referenze disponibili, ma anche per la qualità dei prodotti. Secondo i dati dell’Associazione nazionale dell’industria delle carni (Assocarni), il valore economico raggiunto da questo comparto si attesta sui 30 miliardi di euro, pari a circa il 17% dell’intero settore alimentare. Le tre filiere principali si dividono in maniera quasi equivalente il peso sul fatturato complessivo, mentre in termini di numero di addetti le differenze sono molto più nette: 80.000 lavoratori nel segmento delle carni bovine, 55.000 in quello delle carni avicole e 44.000 in quelle suine e salumi.
La spesa media mensile delle famiglie italiane per la carne – secondo le rilevazioni Istat – si aggira sui 107 euro, di cui il 37,3% va per le carni bovine, il 22,9% per le avicole, il 22,8% per i salumi, il 10,8% per le carni suine. Negli ultimi anni, complice la congiuntura economica, si è verificata una contrazione negli acquisti di carne (-5,6% dal 2011 al 2013) e il valore della spesa è tornato ai livelli pre-crisi. Non tutte le categorie, però, sono state interessate da questa riduzione: a soffrire di più negli ultimi cinque anni sono state le carni bovine, per il cui acquisto i consumatori hanno tagliato il budget mensile di circa 4 euro, al contrario le carni avicole hanno fatto registrare un aumento di oltre 3 euro, mentre le altre tipologie hanno sostanzialmente tenuto il medesimo valore di spesa. Si tratta di una tendenza confermata anche dal monitoraggio Ismea sulla spesa di prodotti proteici da parte delle famiglie italiane. Dal 2009 al 2013 si è verificata un’evidente contrazione a volume degli acquisti di carne bovina – che ha interessato in misura minore i tagli più economici e ad alto contenuto di servizio, come gli hamburger – a tutto vantaggio della carne avicola. Da sottolineare che la gdo polarizza il 75% delle vendite delle carni bovine, anche se tra i vari canali solo il discount è in crescita (+4%, dati Ismea-Nielsen).
Da queste cifre si comprende come il reparto delle carni fresche nella distribuzione moderna svolga un ruolo sempre più importante nelle scelte dei consumatori, perciò abbiamo cercato di approfondire gli aspetti salienti che sono alla base del rapporto tra fornitori e retailer, sentendo il parere di alcuni importanti protagonisti di questa filiera. «La nostra azienda – afferma Marco Sola, direttore vendite Gd del gruppo Unipeg-Assofood – per storia e dimensioni mantiene rapporti con buona parte delle catene distributive operanti sul territorio nazionale. Sui 500 milioni di euro di fatturato più della metà sono svolti nella gda, oltre alle forniture di carni convenzionali gestiamo sia nel bovino sia nel suino alcune filiere certificate, siamo altresì produttori, in ambito carni confezionate, di private label; il canale della distribuzione è quindi di stragrande importanza per la nostra organizzazione. Certamente negli ultimi anni abbiamo assistito, nelle nuove aperture della gda, alla costruzione nei reparti macelleria di spazi/cella più limitati e ciò implica un bisogno di maggior servizio (numerosità consegne). Riteniamo, però, che questa sia solo una parte della risoluzione al problema; avvertiamo, infatti, giorno dopo giorno, una sempre più accentuata richiesta di prodotti/servizio, ove per servizio s’intende una base carne con elaborazione (piatti pronti) e non solo, un packaging che possa dare una shelf-life maggiore. Riscontriamo numeri in netto aumento sulle carni porzionate ed elaborate confezionate in skin pack. Servizio, prodotto e innovazione saranno gli aspetti sui quali baseremo il futuro del nostro gruppo».
Nella scelta del tipo di carne un ruolo fondamentale sembra giocarlo l’impulso d’acquisto di fronte all’assortimento del punto vendita. Almeno stando ai risultati di una rilevazione effettuata da Ismea, secondo cui l’83% di un campione di consumatori decide – in tutto (24%) o in parte (59%) – di comprare la carne direttamente all’interno del negozio. In termini di luogo in cui le persone scelgono l’acquisto, il 66% lo fa al supermercato, il 30% in macelleria, il 3% al discount. Ecco, allora, che un reparto delle carni fresche valorizzato a dovere può fare la differenza, a patto che ci sia la piena collaborazione tra fornitori/produttori e distribuzione moderna. «Da sempre siamo partner affidabili dei retailer della grande distribuzione – afferma Roberta Fileni, direttrice marketing e comunicazione di Fileni – e possiamo così contare su relazioni che si sono ottimamente consolidate nel corso del tempo. In particolare, in questi ultimi anni di grandi cambiamenti per il mercato e per la gdo, pensiamo di essere diventati per il settore un interlocutore sempre disponibile e attento anche in un’area delicata, come quella dei freschi, che richiede una particolare attenzione al mantenimento della catena del freddo. Sia la nostra azienda che tutti i nostri partner della gdo sono strutturati in maniera ottimale per fare fronte a ogni esigenza e particolarità connessa alla gestione dei prodotti del reparto carne fresca. Alla base del successo del nostro rapporto con la gdo c’è sicuramente una forte sinergia che permette di coinvolgere nei vari progetti di vendita non solo la classica figura del buyer, ma anche altre funzioni tra le quali il marketing, il category e la forza commerciale. Un approccio di questo tipo – fondato essenzialmente su un dialogo continuo – mira a creare valore, garantendo quell’innovazione continua che il consumatore finale ricerca e che ha considerevoli ricadute positive sulle vendite. Non solo: il confronto e la collaborazione consentono una vivacità di iniziative ancor più proficua per tutti, snellendo i tempi necessari all’attivazione di nuovi progetti e creando un circolo virtuoso fondato su prodotti e servizi sempre nuovi».
Negli ultimi due o tre anni quasi un terzo degli italiani – sempre secondo il monitoraggio Ismea – ha diminuito il consumo di carne bovina, soprattutto le fasce d’età più elevate e nel Nordovest del Paese. Tra le principali motivazioni di tale scelta, al primo posto c’è il risparmio con il 65%, seguito da una più generica decisione di diminuire il consumo di carne (62%) e da due ragioni di tipo salutistico: troppo colesterolo (44%) e danni alla salute (35%). «In generale, il rapporto con la gdo è soddisfacente – afferma Carlo Vicentini, amministratore delegato e direttore commerciale di Vicentini Carni – grazie soprattutto al fatto che questo target apprezza molto il nostro prodotto di filiera e di conseguenza lo ricerca. Ci capita talvolta di ricevere richieste di prodotti “da volantino”, per i quali il fattore principale si sposta sulla leva del prezzo. Cerchiamo in ogni caso di soddisfare qualsiasi esigenza ci pervenga, garantendo comunque un certo standard qualitativo. Abbiamo riscontrato in taluni casi che il buyer di riferimento privilegia la comparazione dei prezzi tra i diversi fornitori rispetto alla qualità dei prodotti offerti. Un punto di miglioramento potrebbe essere dato da una price analysis diversificata in relazione alla tipologia di prodotto».
Seppur di fondamentale importanza, soprattutto in questo periodo di stagnazione dei consumi, il prezzo non è il primo fattore nella scelta della carne da parte del consumatore. Dall’indagine Ismea, infatti, emerge che tra le ragioni primarie nell’acquisto contano molto la consistenza, l’aspetto, il sapore e il contenuto di grassi. In una parola: la qualità. «Il rapporto con la distribuzione organizzata è buono – afferma Renzo Venturini, presidente di Carnesì – secondo me la gdo è pronta per ricevere un prodotto biologico. Bisogna solo essere in grado di servirla adeguatamente e noi produttori, seppur con un po’ di diffidenza, stiamo capendo che si tratta di un rapporto cruciale per l’intera filiera. La questione fondamentale è confrontarci con i retailer della gdo, capire, vedere, giustificare, ragionare sulla qualità, sul prodotto, su cos’è biologico, sul prezzo, cioè affrontare un ragionamento leggermente diverso dal modo convenzionale. Anche perché ormai hanno capito tutti che bisogna stare attenti al biologico, può diventare anche un boomerang: se non è affrontato e trattato bene si può rivolgere contro. Se dovessi indicare un aspetto che mi piacerebbe migliorare è proprio la comunicazione tra le parti, fino in fondo: bisogna crederci un po’ di più e avere qualche titubanza in meno, andando al di là del prezzo». La gdo italiana ha rapporti commerciali con diverse realtà mondiali della produzione della carne, come l’Inghilterra, ad esempio, che vanta una tradizione secolare nell’allevamento. Oggi l’industria d’oltremanica della carne è moderna e all’avanguardia: questo le ha permesso di affermarsi in tutto il mondo come produttore di carne bovina e ovina di qualità.
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