I consumatori italiani sempre più spesso comprano il vino al supermercato, punto di arrivo di una catena di fornitura che sta crescendo, ma che può ancora migliorare molto.
La gdo è un canale primario per l’intero settore vitivinicolo, visto che lo scorso anno sugli scaffali dei supermercati italiani sono passati quasi i due terzi (63%) dei vini commercializzati nel nostro Paese. È una quantità che tradotta in numeri (dati Iri) raggiunge i 517 milioni di litri – in calo del 6,5% rispetto al 2012 – per un valore di oltre 1,5 miliardi di euro (+3,1%). Ma qual è oggi il grado di efficienza della catena di fornitura del vino dal produttore al punto vendita? Lo abbiamo chiesto a qualche importante cantina.
«Sono stati fatti grandi passi in avanti nel miglioramento della supply chain – afferma Mario Magnabosco, direttore vendite Italia di Cielo e Terra – innanzitutto perché la gdo ha puntato molto su rotazioni e abbassamento delle scorte a magazzino, velocizzando e rendendo più efficace il rapporto produttore-scaffale. Alcune criticità rimangono nella gestione del prodotto a scaffale: rotture di stock e la non corretta rotazione nel caricamento, ovvero anteporre le bottiglie rimaste a quelle che si stanno caricando, causano problematiche particolari in fasi critiche come il cambio d’annata o il cambio d’etichetta, ma anche nella freschezza del prodotto da offrire tutti i giorni al consumatore».
Eventuali difficoltà lungo la catena distributiva, perciò, si ripercuotono sempre sulla qualità dell’offerta. «L’efficienza di una supply chain – spiega Ettore Nicoletto, amministratore delegato di Santa Margherita – si misura con la capacità di garantire al consumatore finale la disponibilità continuativa del prodotto, nelle migliori condizioni di conservazione delle qualità organolettiche originali, il tutto ovviamente con una minimizzazione dei costi. Il punto sul quale la filiera ha conseguito le più evidenti migliorie negli ultimi anni è il primo, anche se ci sono ancora notevoli problemi da risolvere, che nascono dal fatto che quasi mai la comunicazione tra produttore e distributore attinge a database condivisi. Per quanto riguarda la conservazione ottimale del prodotto oggi esiste una notevole sensibilità e attenzione sul tema. L’aspetto del costo è forse quello sul quale siamo progrediti meno come sistema: il costo logistico complessivo in Italia è decisamente superiore alla media europea a causa della frammentazione esistente lungo tutta la filiera».
Nonostante i progressi, quindi, sembra che i diversi anelli della catena di fornitura non siano sempre ben collegati. «Sicuramente il grado di efficienza è migliorato negli ultimi anni – dichiara Piero Quadrumolo, direttore generale di Terre da Vino – anche se siamo appena alla sufficienza e per arrivare all’eccellenza c’è ancora parecchio cammino da fare. Tra le principali criticità segnalo la sempre maggiore complessità contrattuale delle supercentrali di acquisto che, di fatto, costituiscono un doppio livello di contrattazione. È un problema per la maggioranza dei produttori di vino italiani con dimensioni medio-piccole, che hanno la necessità di confrontarsi con un buyer e decidere condizioni contrattuali, ma anche assortimenti e promozioni. Altro punto critico riguarda le condizioni di punti vendita e depositi: è in corso da anni una ristrutturazione del sistema con accelerazioni annunciate e rallentamenti improvvisi, ma persistono ancora parecchi retailer con organizzazioni logistiche obsolete e costose».
Efficienti o meno, i centri di distribuzione della gdo ricoprono un ruolo di grande importanza per la filiera. «Il Ce.di. dell’insegna è il vero fulcro delle transazioni – afferma Monica Ravasi, responsabile dell’ufficio logistico di Caldirola – in quanto è la gdo che controlla il proprio assortimento in tutti i livelli della filiera, dalla formulazione degli ordini alla distribuzione ai punti vendita, e la politica commerciale dell’impresa viene in parte condizionata dalla gestione delle scorte dei depositi da parte degli operatori della gdo. Promozioni e lancio di nuovi prodotti possono produrre effetti positivi solo se ben coordinati con tutte le funzioni interessate. Spesso i retail della gdo, però, non sono in grado di fornire preventivi di vendita veritieri sull’andamento delle promozioni pianificate. Per questo, industrie e gdo s’incontrano sempre più spesso in ambito logistico, aprendo a visioni collaborative e di crescita anche in termini informativi e tecnologici».
Le politiche promozionali gestite dalle insegne della gdo, perciò, possono costituire un problema per un produttore vitivinicolo. «Fondamentale è un buon processo interno di forecasting e planning produttivo – spiega Fabio Nard, direttore vendite Italia del Gruppo italiano vini – oltre ovviamente a un’ottima logistica distributiva. A mio parere la maggiore criticità di questi ultimi anni è l’elevatissima incidenza delle vendite in promozione, che comporta forti picchi di richiesta concentrati in tempi brevissimi. Se non programmati e seguiti per tempo, possono mettere in crisi una cantina e generare rotture di stock a scaffale. Purtroppo negli ultimi tempi assistiamo a una sempre minore propensione di molte insegne a pianificare con sufficiente preavviso le attività promozionali. La promozione comunicata oggi per il prossimo mese ci costringe a fare i miracoli, per avere il prodotto pronto nella quantità e nei tempi richiesti e i miracoli, si sa, non sempre riescono».
Miracoli a parte, se non si crea una piena collaborazione tra gli operatori della filiera diventa complicato garantire la piena efficienza distributiva. «La principale criticità è quella relativa alle rotture di stock – dichiara Pietro Cardinali, direttore vendite Italia di Togni – che si amplifica poi nei periodi promozionali durante il sell-out. C’è bisogno di una grande capacità reattiva da parte di tutti gli attori coinvolti (produttore, logistica, distribuzione), in quanto da un lato c’è l’esigenza di contenere le giacenze e quindi gli stock minimi di prodotto, dall’altro quello di pianificare l’impatto sui volumi di una promozione per evitare che il prodotto termini durante l’attività. Oggi il consumatore non può più accollarsi le inefficienze del sistema, e solo attraverso una maggiore collaborazione potremmo migliorare l’efficienza». Magari le nuove tecnologie possono facilitare le operazioni tra produttori e retailer…
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