Gli italiani dimostrano di tenere al fisico e alla salute scegliendo di utilizzare in modo cospicuo integratori vari, dando slancio a un mercato molto composito.
I consumatori italiani considerano la salute come un bene irrinunciabile da preservare e, nonostante la crisi economica e finanziaria, dedicano non poche risorse a stili di vita più sani, anche con il supporto degli integratori alimentari. È quanto è emerso dal convegno organizzato recentemente a Roma da Business International, che ha delineato una panoramica sul mercato degli integratori alimentari in Europa e in Italia, analizzandone gli aspetti normativi e regolatori, le strategie commerciali e di marketing, i modelli distributivi.
Da una ricerca realizzata da Nielsen a novembre 2012 sull’automedicazione in tempi di crisi risulta che il 54% degli italiani non ha riscontrato cambiamenti in merito ai propri acquisti di farmaci da banco e di integratori alimentari, mentre per il 28% la spesa è diminuita, anche se di poco; per il 18%, invece, si è verificato un calo importante. In effetti, sempre dai dati Nielsen, da marzo 2012 a marzo 2013 il mercato della farmacia ha fatto registrare una flessione a valore del 5%, raggiungendo i 21,1 miliardi di euro, ma mentre i farmaci etici sono crollati del 6,2% quelli commerciali hanno tenuto di più (-2,7%), con i salutistici unica categoria in tendenza positiva (+3,6%).
Più nel dettaglio, il mercato degli integratori alimentari ha sfiorato i 2 miliardi di euro, con una crescita del 3,3%, grazie a circa 142 milioni di confezioni vendute (+3,6%). Si tratta di una performance inferiore rispetto a quella dell’anno precedente, quando il settore – composto a livello strutturale da quasi 1.300 aziende, che producono 6.600 marchi con circa 14.000 referenze (1.200 nuove) – aveva fatto registrare +8,7% a valore e +6% a volume.
Le farmacie si confermano il canale principale, con una quota pari all’87,1% (circa 1,7 miliardi di euro con 111,6 milioni di confezioni vendute) e un aumento del 3% rispetto allo scorso anno, mentre la grande distribuzione organizzata pesa per un 7,1% sul venduto complessivo (135,5 milioni di euro con 22,8 milioni di confezioni vendute) facendo registrare un incremento del 10,9%, chiudono le parafarmacie che con il 5,8% del venduto (112 milioni di euro con 7,5 milioni di confezioni vendute) hanno subito una contrazione dell’1,1% rispetto ai 12 mesi precedenti.
«Osservando con attenzione i dati statistici – afferma Valerio Citro, direttore commerciale e acquisti di Fine foods & pharmaceuticals Ntm – si nota che alcuni segmenti di mercato crescono mentre altri si contraggono. Forse alcune “mode” del passato si stanno esaurendo e tornano a prevalere i consumi dei prodotti storici, in primis i multivitaminici-minerali. D’altra parte la maggior consapevolezza del consumatore circa un corretto stile di vita porta alla scelta ragionata di integratori che affiancano o sostituiscono il farmaco per le problematiche più comuni di tutti i giorni: i probiotici sono un ottimo esempio di questa tendenza, ma possiamo citare anche le formulazioni contro le iperlipidemie. Infine, il trend dei prodotti utili in età più avanzata (anti-infiammatori, prodotti per il benessere delle ossa e delle articolazioni) è chiaramente correlato all’invecchiamento della popolazione. Credo, perciò, che il mercato continuerà a manifestare un discreto dinamismo».
Nel corso degli anni è profondamente mutata l’offerta distributiva per il settore degli integratori alimentari. Nel 2006, infatti, questi prodotti erano in vendita soltanto nelle circa 17.000 farmacie sparse per tutto il territorio nazionale, mentre oggi anche in quasi 3.300 negozi fuori dal canale tradizionale (311 corner e 2.960 parafarmacie).
«Il mercato degli integratori – dichiara Maurizio Roberti, direttore marketing di Nutrition & santé Italia – mostra trend differenti secondo la tipologia di segmento considerato. Gli integratori dietetici, ad esempio, sono sicuramente un ambito di forte dinamicità, avendo come obiettivo quello di offrire ai consumatori prodotti sempre più innovativi e performanti. È inoltre fortemente stagionale, avendo il suo picco di consumi nel periodo primaverile ed estivo. Le private label e i primi prezzi sono meno sviluppati rispetto ad altri settori, essendo questo un segmento ancora in fase di sviluppo, soprattutto nel canale moderno. Sicuramente gli integratori sono una categoria di prodotti sempre più importante e in espansione all’interno della grande distribuzione: qualificano il punto vendita e, grazie al forte tasso di innovazione, sono in grado di offrire al consumatore un’offerta sempre più ampia e diversificata».
In termini di volumi, la categoria più venduta è quella dei fermenti lattici con 19,9 milioni di confezioni (+3,2%), seguono gli integratori salini con 8,9 milioni (+14,6%), i multivitaminici con 7,9 milioni (-1%), i lassativi con 7,4 milioni (-1,8%), le altre vitamine con 6,3 milioni (+7,7%), i dimagranti con 6 milioni (-10,5%), i calmanti e sonniferi con 5,6 milioni (+7,3%), i tonici con 4 milioni (-0,5%), i sistemici per capelli con 3,2 milioni (-7,3%) e gli antiossidanti con 2,2 milioni (-7,4%). Le vendite di queste categorie di prodotti differiscono in maniera abbastanza evidente secondo i vari canali distributivi: se, ad esempio, quasi il 40% delle vendite dei dimagranti è veicolato nei corner della grande distribuzione e nelle parafarmacie, soltanto l’8% dei fermenti lattici e il 14% degli antiossidanti sono venduti al di fuori delle farmacie.
«Negli ultimi anni il concetto di integratore alimentare è cambiato – spiega Gaetano Di Fazio, business manager and scientific director di Lj Pharma – sempre più spesso le industrie di settore offrono alla classe medica e agli utenti integratori alimentari contenenti principi funzionali in grado di mantenere lo stato di benessere degli individui. Parallelamente “la mancanza di credibilità” da parte del mondo sanitario nei riguardi degli integratori alimentari è notevolmente diminuita. Contemporaneamente è aumentata la richiesta di “salute” da parte di fasce di popolazione sempre più ampie. Ritengo che le prospettive di crescita per il comparto integratori alimentari siano molto buone, a patto che le aziende siano in grado di offrire prodotti di elevata qualità in grado di soddisfare le esigenze di un “consumatore” sempre più attento e critico».
Nel mercato dell’automedicazione, gli integratori alimentari sono cresciuti negli ultimi anni a discapito dei farmaci da banco: se nel 2011 gli Otc e i Sop pesavano per il 56,4% e gli integratori per il 43,6%, due anni dopo il rapporto è diventato 52,6% a 47,4%. Tra le varie categorie, soltanto i prodotti per la tosse, quelli per il mal di gola, i lassativi e gli antivaricosi hanno una netta predominanza tra i farmaci da banco, mentre diverse altre tipologie sono in maggioranza tra gli integratori (fermenti lattici, multivitaminici, integratori salini, tonici, calmanti e sonniferi).
A livello normativo gli integratori alimentari sono considerati alimenti a tutti gli effetti, «destinati a integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico» (direttiva 2002/46/Ce). Con la crescente diffusione di questi prodotti si è ritenuto necessario disciplinare a livello comunitario l’utilizzo, in etichetta o in pubblicità, delle indicazioni nutrizionali e sulla salute (i cosiddetti claim) che accompagnano le vendite di questi beni.
Secondo il regolamento europeo 1924/2006, infatti, gli integratori alimentari possono avvalersi di tali informazioni soltanto sulla base di dati scientifici generalmente accettati, se non sono ambigui o fuorvianti, se non mettono in dubbio la validità di una dieta varia e bilanciata, se sono sufficientemente comprensibili per il consumatore medio.
Nel maggio 2012, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), dopo aver esaminato diverse migliaia di claim sulla salute presentati dai Paesi membri in rappresentanza dell’industria e dei consumatori, ha stilato un elenco di 222 indicazioni sulla salute – contenuto nel regolamento europeo 432/2012 – che dal 14 dicembre 2012 possono essere fornite sugli alimenti e sugli integratori alimentari (più del 70% di questi claim si riferisce a vitamine e a minerali).
«L’Efsa ha approvato solo il 10% dei claim sottoposti a revisione – dichiara Maurizio Roberti, direttore marketing di Nutrition & santé Italia – e questo ha sicuramente richiesto alle aziende di rivedere le confezioni dei propri prodotti, in modo che fossero in linea con le nuove normative, in particolare nel segmento degli integratori, prodotti dietetici, prodotti per sportivi, baby food e prodotti dimagranti. Un settore per noi molto importante, quello dei pasti sostitutivi (di cui Pesoforma è marchio leader del mercato), ha ottenuto dall’Efsa il riconoscimento di essere prodotti efficaci per la perdita e il mantenimento del peso: oggi, perciò, in Europa sono autorizzati a riportare sulle confezioni tali claim, eleggendoli a tipologia di prodotti di efficacia provata e approvata».
Ogni claim approvato dall’Efsa è accompagnato da specifiche condizioni di uso – a volte anche da restrizioni o avvertenze supplementari – che devono essere soddisfatte per poter utilizzare quell’indicazione su un alimento e su un integratore alimentare…
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