Le nuove norme contenute nell’art. 39 del decreto legge 1/2012 danno ossigeno alla categoria dei giornalai, ai quali viene riconosciuta la facoltà di vendere, oltre alla stampa, qualunque altro prodotto, di praticare sconti sulla merce venduta, di defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita restituendolo a compensazione delle successive anticipazioni al distributore e di non accettare più pubblicazioni in eccesso o difetto rispetto alla domanda effettiva.
Nonostante il perdurare della crisi economica e la continua contrazione dei lettori di quotidiani e periodici nel nostro Paese, il futuro per la categoria degli edicolanti appare un po’ meno cupo rispetto a qualche mese fa. Certamente non roseo ma se non altro meno deprimente. La ragione di questo piccolo raggio di luce si deve all’entrata in vigore delle norme contenute nell’articolo 39 del decreto legge 1/2012 (“cresci-Italia”), convertito nella legge 27/2012 del marzo scorso: secondo le nuove disposizioni, infatti, gli edicolanti hanno la facoltà di vendere, oltre alla stampa, qualunque altro prodotto, di praticare sconti sulla merce venduta, di defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita restituendolo a compensazione delle successive anticipazioni al distributore e di non accettare più pubblicazioni in eccesso o difetto rispetto alla domanda effettiva.
Una delle maggiori criticità che finora ha condizionato pesantemente la categoria degli edicolanti era proprio quella relativa alla consistente esposizione finanziaria che negli ultimi anni ha costretto alla chiusura circa 6.000 edicole, passate dalle 40.000 del 2008 alle 34.000 del 2011 (-15%), mentre i distributori locali sono scesi da 170 a 130 nello stesso periodo (-23,5%). «Il distributore locale, che lavora in un’area ben definita, generalmente assegnatagli dal comparto editoriale in un “regime” che si può tranquillamente definire di monopolio – spiega Armando Abbiati, presidente del Sindacato autonomo nazionale giornalai (Snag) – stabilisce i quantitativi delle pubblicazioni da inviare ai punti vendita; pubblicazioni che, in base alla loro periodicità e alla permanenza in edicola, vengono fatte pagare subito all’edicolante con il diritto di rendere l’invenduto all’uscita del numero successivo. Con questo meccanismo il punto vendita di giornali e periodici diventa per il sistema editoriale un comodo e inesauribile “bancomat” dove prelevare – senza limiti – il denaro ancor prima di aver venduto una singola copia. La regola contenuta nell’articolo 39 limita (almeno in parte) questo prelievo e gli consente di rendere autonomamente, senza nessuna ulteriore autorizzazione, il prodotto che riceve dal distributore locale di riferimento, in conto vendita, riuscendo così a compensare l’importo che deve pagare settimanalmente a quest’ultimo. Perciò gli editori e i distributori che desiderano continuare a fare gli imprenditori devono farlo utilizzando, finalmente, il proprio denaro e non quello dei rivenditori di giornali».
Altro elemento di novità previsto dall’articolo 39 è quello relativo alla possibilità, da parte degli edicolanti, di proporre sconti sui prodotti editoriali, ma sembra che su questo tema non siano molti i margini di una reale attuazione. «Lei sarebbe soddisfatto – afferma Giuseppe Marchica, segretario generale del Sindacato nazionale giornalai (Sinagi) – se il suo utile lordo sulla vendita di un quotidiano o di un periodico fosse pari al 18,77% con tutti i periodici che stanno abbassando il prezzo di vendita, e che quel lordo, pagate le tasse varie, diventasse sì e no il 10%? E sarebbe soddisfatto se la sua attività, come il 60% delle edicole esclusive, vivesse con un reddito compreso tra i 700 e i 1.000 euro, per cui dare anche solo un 10% di sconto al cliente significherebbe veder chiudere 10.000 edicole, invece delle 3.000 l’anno come sta succedendo adesso? Noi non siamo soddisfatti per nulla». È proprio sulle percentuali dei ricavi che si è consumata la rottura tra editori e rivenditori su un possibile accordo in merito all’opportunità di veicolare gli abbonamenti di quotidiani e periodici direttamente in edicola, un mercato di oltre 230 milioni di copie diffuse per un valore complessivo superiore ai 400 milioni di euro. Lo scorso ottobre, infatti, i sindacati Snag, Sinagi, Uiltucs e Usiagi non hanno accettato la proposta della Federazione italiani editori giornali (Fieg) – conclusa invece con altre due sigle sindacali (Felsa e Fenagi) – che prevedeva il riconoscimento per gli edicolanti di un aggio pari al 10% del prezzo di copertina e il via libera alla sperimentazione per un anno.
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