A metà degli anni ’80 in Italia è partito un processo di profondo ammodernamento del settore dei mercati annonari e con la legge 41/1986 sono state previste agevolazioni finanziarie per la realizzazione di centri agroalimentari all’ingrosso di interesse nazionale, regionale e provinciale. Due gli elementi innovativi: la concentrazione in unico centro della commercializzazione di tutte le tipologie di prodotti agroalimentari (insieme a tutti i servizi connessi) e la costituzione di società miste.
Fino a pochi decenni fa, il ruolo di collegamento tra le zone agricole di produzione e la rete distributiva al dettaglio per la commercializzazione dei prodotti dell’ortofrutta veniva svolto dai grossisti attivi nei numerosi mercati generali sparsi per tutto il territorio nazionale. Gestiti direttamente dai Comuni e situati prevalentemente all’interno dei centri urbani di dimensioni medio grandi, questi luoghi erano spesso caratterizzati da strutture obsolete, spazi limitati, carenza di servizi e condizioni igieniche precarie. A metà degli anni ’80, in seguito ai profondi cambiamenti strutturali avvenuti all’interno della filiera agroalimentare e nel sistema distributivo in particolare, in Italia è stato avviato un processo di ammodernamento e razionalizzazione del settore dei mercati all’ingrosso. Attraverso la legge n. 41/1986, infatti, sono state previste agevolazioni finanziarie per la realizzazione di centri agroalimentari di interesse nazionale, regionale e provinciale ed è stato avviato il cosiddetto “Piano mercati”. Questo programma ha introdotto due elementi innovativi nella gestione dei centri all’ingrosso: la concentrazione in unica struttura della commercializzazione di tutte le tipologie di prodotti agroalimentari (insieme a tutti i servizi connessi) e il coinvolgimento sia delle componenti pubbliche sia di quelle private attraverso la costituzione di società miste. Sono stati finanziati una quindicina di mercati che hanno avviato un piano di sviluppo e modernizzazione delle proprie strutture in termini di spazi, servizi, logistica e anche dal punto di vista informatico.
Oggi oltre il 50% dei prodotti ortofrutticoli che giungono al consumo finale passa fisicamente dai centri agroalimentari, una quota che probabilmente raggiunge il 65-70% considerando il fuori mercato, cioè le vendite effettuate da grossisti che hanno anche un centro di spedizione all’esterno del mercato. Attualmente, secondo i dati Istat, in Italia ci sono 154 mercati all’ingrosso, di cui 95 al Centro-Nord e 59 al Meridione, attraverso i quali transitano circa 10 milioni di tonnellate di prodotto l’anno, anche se quasi il 70% degli scambi è realizzato dalle 15 strutture più grandi (tra cui Milano, Fondi e Roma) con volumi annui di scambi superiori al milione di quintali, mentre più della metà dei mercati realizza traffici che non raggiungono i 500.000 quintali annui. Nonostante la spinta iniziale del “Piano mercati”, il successivo decentramento delle competenze di gestione e regolamentazione dei mercati affidate alle amministrazioni locali e l’emanazione di numerose leggi regionali spesso piuttosto differenti l’una dall’altra hanno favorito lo sviluppo di un insieme di strutture con caratteristiche e livelli di servizio estremamente disomogenei. La maggior parte degli addetti, delle aree di parcheggio, della superficie coperta e delle celle frigorifere, infatti, si concentra nei centri più importanti.
«I mercati all’ingrosso di Milano – afferma Luigi Predeval, presidente di Sogemi, la società che gestisce la struttura meneghina – costituiscono la più grande realtà italiana dei mercati all’ingrosso sia per i quantitativi trattati, sia per l’ampiezza di gamma verticale e orizzontale dei prodotti agroalimentari commercializzati. Il mercato ortofrutticolo, con circa 1.800 milioni di euro/anno di fatturato indotto, ricopre un ruolo centrale nello sviluppo dell’agroalimentare italiano e di cerniera tra il settore della distribuzione e la produzione locale (ospitando 110 produttori locali con punto vendita e commercializzando circa il 12% di tutta la frutta e la verdura prodotta in Lombardia) e la produzione nazionale ed estera (importando circa il 33% dei quantitativi trattati ed esportandone oltre il 30%)». I moderni mercati all’ingrosso, almeno quelli più evoluti e virtuosi, si differenziano dalle strutture del passato non soltanto per le dimensioni dei volumi commercializzati, ma anche per tutta una serie di servizi che oggi sono in grado di fornire: stoccaggio e movimentazione, controlli sanitari e di qualità, innovazioni commerciali e gestionali, promozione, marketing, formazione del prezzo dei prodotti.
«Negli ultimi dieci anni – spiega Paolo Merci, direttore di Veronamercato – i centri agroalimentari costruiti o ammodernati con i finanziamenti della legge finanziaria 41/1986 hanno avuto alterne fortune. Senz’altro andava ristrutturato il sistema dei mercati nazionali (come avvenuto in Spagna e Francia) e tale ristrutturazione ha avuto evidenti benefici laddove alla tradizionale funzione mercatale si è aggiunta la componente logistica. In altre parole i nuovi centri tengono le posizioni se insediati negli interporti. Nel caso di Verona, collocata nell’interporto Quadrante Europa, la “location” è fondamentale per l’attività del centro, non a caso il volume delle merci introdotte è cresciuto di circa il 15% (380.000 tonnellate nel 2002 contro le 430.000 nel 2011) dal trasferimento del mercato, proprio grazie alla capacità di intercettare flussi di traffico altrimenti svolti all’esterno. È evidente il vantaggio per la nostra produzione locale ai fini dell’esportazione nei vari Paesi del Nord e dell’Est Europa, visto che la domanda interna è ormai satura e solo un rilancio dell’export potrà consentire per il futuro almeno il mantenimento delle attuali quote di mercato. Da due anni stiamo organizzando specifiche missioni all’estero, in aggiunta alla partecipazione alle principali fiere europee del settore, per far conoscere il nostro mercato e consentire ai nostri operatori di avviare nuove opportunità di business. Lo stiamo facendo assieme al mercato di Padova, in modo da massimizzare gli sforzi economici delle promozioni e presentarci ai clienti esteri con una migliore presenza imprenditoriale e una maggiore massa critica di prodotto».
Lo sviluppo dei centri agroalimentari ha consentito al sistema distributivo all’ingrosso di migliorare non soltanto l’efficienza delle strutture operative, ma anche di aumentare le garanzie di qualità e salubrità dei prodotti ortofrutticoli, con evidenti benefici per la spesa dei consumatori in termini sia di economicità sia di sicurezza alimentare. «A Torino – dichiara Massimo Busi, direttore generale del centro agroalimentare della città (Caat) – collaborando tutti insieme (ente gestore, Asl e imprenditori) si sono predisposti protocolli di autocontrollo dei prodotti che transitano nella nostra struttura, coinvolgendola direttamente, che stanno dando risultati a dir poco significativi sulla conformità degli stessi ai requisiti di salubrità. Di questo lavoro comune tra più attori andiamo molto orgogliosi e i primi a beneficiare sono i nostri clienti che sono i 46 mercati rionali e i negozi della città, oltre ai grossisti del Piemonte, della Valle D’Aosta e in parte quelli della Liguria e della Francia. La cospicua presenza dei produttori locali collocati all’interno di aree della commercializzazione del tutto autonome e per certi versi autogestite è un altro grande vantaggio per l’utenza e per il Caat nel suo complesso». Il Comune di Milano, invece, ha deliberato un finanziamento a fondo perduto alla società che gestisce il centro agroalimentare per complessivi 33,2 milioni di euro per la realizzazione di una serie di interventi di manutenzione straordinaria e di ammodernamento delle strutture che si aggiungeranno a quelli già effettuati, come ad esempio le opere di risanamento delle coperture dei padiglioni di vendita e la contestuale rimozione dai tetti delle lastre di fibro-cemento che contenevano amianto.
«Vista la vetustà delle strutture sono molti gli aspetti che devono essere migliorati e/o resi più efficienti – afferma Luigi Predeval, presidente di Sogemi – a partire dalle attività logistiche e organizzative: mantenimento della catena del freddo per i prodotti, consegna delle merci in città con automezzi ecocompatibili, disponibilità di piattaforme di rilavorazione dei prodotti, collegamento diretto con la rete ferroviaria. Altre innovazioni riguarderanno la trasparenza e la tracciabilità dei sistemi di pagamento, le verifiche sui lavoratori delle cooperative di facchinaggio e l’adozione di un moderno sistema di controllo degli accessi attraverso sofisticati sistemi di videosorveglianza sugli oltre quattro chilometri di recinzione del mercato». Non è semplice far funzionare in maniera efficiente un sistema come quello agroalimentare italiano in cui coesistono diverse realtà imprenditoriali che spesso hanno interessi diversi e contrastanti tra loro. Senza dimenticare, però, che al cuore della filiera ci sono i prodotti e i consumatori.
«I centri agroalimentari sono un’importantissima opportunità per lo sviluppo delle potenzialità del settore e modello per il recupero e la riqualificazione dell’offerta sul “mercato” – spiega Massimo Pallottini, amministratore delegato di Cargest, la società che gestisce il mercato di Roma – grazie all’implementazione di sinergie con i principali stakeholder e al perseguimento di una politica commerciale finalizzata alla promozione dei prodotti di qualità e sicuri, e a innalzare il loro livello di percezione tra i consumatori, con i quali i centri agroalimentari devono e dovranno sempre più prendere contatto. Oggi possiamo immaginare una rete del settore fatta da strutture importanti e di eccellenza (forse sono troppe in Italia e finiscono per polverizzare l’incisività dei punti di forza), che accentrino le realtà imprenditoriali più evolute e siano veicolo di efficienti servizi offerti a corredo del prodotto migliore». Le strutture dei centri all’ingrosso più virtuosi – in realtà parliamo di un numero piuttosto limitato – offrono oggi la possibilità al dettaglio tradizionale, all’ambulantato, a buona parte dell’horeca e una parte importante della distribuzione moderna di mantenere la continuità della catena del freddo anche durante le operazioni di carico e scarico, oltre alla possibilità di allestire aree di lavorazione e confezionamento. Ma la loro funzione può essere ancora più completa…
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