di Fabio Massi
I moderni sistemi di alimentazione degli animali e i metodi di allevamento improntati al massimo rispetto del benessere del bestiame hanno prodotto carni bovine sempre più magre, con un grande equilibrio tra qualità e nutrizione, in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei consumatori. Ciononostante la carne bovina è vittima spesso di una cattiva informazione pseudoscientifica che le attribuisce pericoli per la salute umana, creando allarmismi.
Le carni bovine presenti oggi sul mercato sono prodotti molto più magri rispetto al passato, con un contenuto di grasso che si è quasi dimezzato nell’ultimo decennio grazie ai sistemi di alimentazione degli animali sempre più controllati e ai metodi di allevamento improntati al massimo rispetto del benessere del bestiame. Si tratta di carni che hanno un grande equilibrio tra qualità e nutrizione, in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei consumatori moderni. È quanto emerge dal convegno “Beef quality tra percezione e realtà: la qualità delle carni bovine a 360°” organizzato recentemente a Roma da Assocarni, Eblex ed Eurocarni, durante il quale è stata evidenziata la parziale o scarsa conoscenza da parte dei consumatori sui molteplici aspetti positivi legati alla carne bovina, soprattutto in termini nutrizionali e salutistici.
Gli esseri umani sono onnivori per natura e la migliore alimentazione è quella che comprende un po’ di tutto, carne bovina compresa. «I bovini condividono l’80% dei loro geni con gli umani – ha spiegato Robert Pickard, presidente della British nutrition foundation – e i prodotti alimentari derivati dai bovini contengono tutti i micronutrienti necessari agli esseri umani. Tali prodotti forniscono le migliori proteine e una gamma completa di grassi a sostegno della crescita. Le persone anziane, in particolare, traggono beneficio dai prodotti a base di carne rossa, poiché l’elevata densità di micronutrienti facilita l’assorbimento e i cibi derivati da mammiferi sono in grado di compensare carenze sintetiche nel sistema metabolico soggetto a invecchiamento». La carne bovina, inoltre, è una delle migliori fonti di ferro disponibile negli alimenti, in una forma che il nostro organismo assorbe in una percentuale molto maggiore rispetto a quanto avviene con i vegetali, ad esempio.
«La carne, in particolare quella bovina – ha affermato Franca Marangoni, responsabile della ricerca per Nutrition foundation of Italy – è un alimento importante, in quanto fonte di proteine nobili, cioè di elevato valore nutritivo, e facilmente digeribili, oltre a micronutrienti come le vitamine del gruppo B e i minerali ferro e zinco. Recenti studi hanno evidenziato vantaggi per la salute legati al consumo di carne magra anche in termini di controllo di peso, attribuibili sia alla bassa densità energetica dell’alimento in sé, sia agli effetti sul senso di sazietà e sulla regolazione dei meccanismi della fame e dell’appetito. Inoltre, all’aumento dei livelli di assunzione di proteine corrisponde la riduzione del consumo di grassi che, associato alla restrizione calorica, può rappresentare una strategia efficace nella prevenzione di molte alterazioni del metabolismo tipiche delle società progredite come la nostra». Oggi, grazie all’evoluzione delle tecniche produttive, di allevamento e di macellazione, oltre ai progressi realizzati nel campo dell’alimentazione animale, le carni che troviamo nei supermercati o nelle macellerie sono molto più magre e sane rispetto al passato.
Basti pensare che negli anni Cinquanta la quantità di grassi presente nella parte edibile delle carni bovine raggiungeva il 25% del peso totale e negli anni Novanta era ancora intorno al 20%, mentre oggi rimane al di sotto del 5%. Secondo l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran), infatti, se nel 1996 una fettina di filetto di 100 grammi poteva contare circa 5 g di grassi nel 2007 il contenuto è sceso a 2,2 g. Stessa tendenza per altri tagli del vitellone: lombata da 5,2 a 2,9 g di grassi, girello da 2,8 a 1,1 g, fesa da 1,8 a 1,2 g e noce da 2,3 a 2,1 g. Al di là del ridotto contenuto lipidico, i consumatori si aspettano di acquistare prodotti teneri e saporiti, qualità che dipendono sicuramente dalla razza e dall’alimentazione degli animali, ma anche dalle modalità di lavorazione e di raffreddamento delle carni da parte dell’industria. «Cosa rende una bistecca perfetta? Il sapore, la succulenza e la tenerezza – ha illustrato Jeff Wood, professore dell’Università di Bristol – tutte caratteristiche che possono essere migliorate da processi produttivi di qualità. A cominciare dalla nutrizione dei bovini: ogni razza ha bisogno di un’adeguata alimentazione, è importante che si utilizzi erba naturale e genuina e che i capi crescano velocemente fino ai 18-24 mesi prima della macellazione. Altra fase fondamentale è quella della conservazione delle carcasse che deve essere realizzata con estrema cura, attraverso la sospensione d’anca e il raffreddamento lento. Una corretta evoluzione di questi procedimenti può ridurre la durezza della carne del 50%».
Ovviamente, la qualità della carne dipende anche dal taglio: il quarto posteriore dell’animale fornisce le carni più pregiate, quelle costituite prevalentemente da tessuto muscolare con poco grasso (noce, fesa, filetto, controfiletto, lombata ecc.) e adatte a cotture rapide, mentre dal quarto anteriore si ottengono carni ricche di tendini, legamenti e cartilagini (collo, sottospalla, fusello, fesone ecc.), perciò più indicate per cotture lunghe. Come detto in precedenza, poi, bisogna considerare la razza dell’animale, più o meno di pregio: chianina, piemontese, marchigiana, maremmana, romagnola tra le italiane; Charolaise, Limousine, Hereford, Aberdeen Angus, Shorthorn tra le straniere. Per quanto riguarda il patrimonio bovino e bufalino nazionale – secondo i dati elaborati da Assocarni – nel 2010 si contavano quasi i 6,2 milioni di capi, con una produzione di circa 3,9 milioni di macellazioni, di cui circa il 43,7% di vitelloni maschi e manzi, il 23,9% di vitelli, il 17,1% di vitelloni femmine e il 13,2% di vacche. Negli ultimi anni sono aumentate le importazioni dall’estero di bovini vivi che vengono fatti crescere nei nostri allevamenti per 5 o 6 mesi prima della macellazione: oltre 1,3 milioni di capi nel 2010, con un incremento del 25,9% rispetto all’anno precedente.
Tra i principali Paesi di provenienza dei bovini vivi c’è la Francia con il 70,3% del totale, seguita dalla Polonia (8,5%), dall’Austria (5,1%), dall’Irlanda (5,1%) e dalla Germania (3,2%). Sempre nel 2010 l’Italia ha importato circa 462.000 tonnellate di carni bovine fresche e congelate e ne ha esportate poco più di 134.000, mentre il mercato complessivo della carne in Italia vale oltre 12 miliardi di euro e la distribuzione moderna incide per il 58%. «In uno scenario caratterizzato da una crisi economica consolidata, da un consumatore con un minor potere di acquisto e attento agli sprechi, da una critica eccessiva da parte dei media nei confronti del consumo di carni rosse – ha affermato Marco Guerrieri, responsabile settore carni di Coop Italia – abbiamo attivato un progetto integrato con il mondo produttivo per rilanciare l’attrattività del reparto e in particolare delle carni rosse, cercando di sviluppare le vendite intercettando i nuovi bisogni del consumatore. Il nostro obiettivo è l’ulteriore miglioramento della qualità e della percezione della carne, sviluppando la proposta assortimentale e incrementando l’attività di comunicazione per evidenziare i valori organolettici e nutrizionali, oltre a migliorare la conoscenza e l’utilizzo dei prodotti».
Il consumo pro capite in Italia di carne bovina è stato nel 2009 di quasi 23 chilogrammi, pari al 27,8% del totale della carne acquistata (circa 83,6 kg), mentre il 48,3% è costituito da suino (40,4 kg), il 22,2% da pollame (18,6 kg) e l’1,7% da ovicaprini (1,4 kg). Se compariamo il consumo per abitante di carne bovina dei principali Paesi mondiali l’Italia, si posiziona al di sopra della media europea (16,5 kg), ma ben al di sotto dei maggiori produttori come Argentina (69,5 kg), Stati Uniti (39,7 kg) e Uruguay (39,6 kg)…
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